Non sempre bisogna nascere in un luogo per appartenervi davvero. A volte, basta una storia d’amore lunga dieci anni, fatta di gol, lacrime e sorrisi condivisi. A Napoli, tutto questo ha un nome: Dries Mertens.
C’è qualcosa di profondamente simbolico nel conferimento della cittadinanza onoraria a Dries Mertens, avvenuto nel cuore della città che più di ogni altra ha saputo adottare, amare e proteggere l’attaccante belga come un figlio. È un gesto che travalica lo sport, che si fa racconto culturale, umano, identitario. Napoli non premia solo un calciatore: riconosce ufficialmente una relazione viscerale, una forma di appartenenza che ha valicato i confini del campo da gioco per entrare nelle case, nei bar, nei vicoli e nell’immaginario collettivo.
La cerimonia si è svolta in un’atmosfera densa di emozione e gratitudine, suggellata da immagini potenti che parlano più di mille discorsi. Le fotografie di Arianna Di Micco, presenti in questo articolo, raccontano con sensibilità e dettaglio l’abbraccio tra Mertens e Napoli: sguardi che si incrociano, mani che si stringono, e quell’aria di festa che solo questa città sa creare quando riconosce chi l’ha amata davvero.
Dries Mertens, diventato il miglior marcatore della storia del Napoli, ha incarnato in campo la leggerezza del genio e fuori dal campo la generosità di chi ha scelto di restare anche quando avrebbe potuto partire. Non è stato solo un calciatore: è stato e resta un simbolo, un figlio adottivo che ha imparato la lingua, ha stretto legami autentici, e ha scelto di far nascere suo figlio, Ciro, proprio sotto il Vesuvio.
Il conferimento della cittadinanza onoraria rappresenta quindi un atto dovuto, ma anche un gesto di speranza: che i legami veri, quelli fondati sul rispetto e sull’identità condivisa, possano ancora avere cittadinanza – nel senso più nobile del termine – in un mondo che cambia troppo in fretta.
Napoli ha scelto di rendere permanente ciò che già era vero nei cuori: Dries Mertens è napoletano. E in questa città, dove la verità si mescola spesso alla poesia, un’onorificenza diventa racconto, e il racconto diventa memoria.