Chiudiamo per un attimo gli occhi: siamo a Londra, più precisamente a Piccadilly Circus, con il suo caos ordinato che la rende il centro del mondo, tra artisti di strada, gente proveniente da ogni parte del mondo e lingue dai suoni molto diversi tra loro. Ognuno si muove seguendo il proprio ritmo interiore.
Noi percorriamo Regent Street, dando un’occhiata rapida alle vetrine, per arrivare a Oxford Street. Scendiamo le scale della Tube, prendiamo la direzione nord.
Davanti a noi, puntuale, arriva il treno della Victoria Line. Una manciata di fermate, si scende a Islington.
Il pavimento scricchiola sotto i piedi, mentre il profumo inconfondibile dei negozi di dischi — un misto di carta stampata, vinile e memoria — riempie l’aria.
Tra gli scaffali, ognuno con le dita scorre tra i dischi come fossero le coordinate di mappe sonore di epoche diverse.
Qui, dentro Flashback Records, ogni disco è una storia, ogni cliente un possibile protagonista. E dietro il bancone, da più di vent’anni, c’è Mark: fondatore, collezionista, testimone diretto del tempo e della trasformazione musicale di Londra.
In questa intervista, Mark ci accompagna dietro le quinte del suo negozio — e della sua visione. Ci racconta la scintilla che ha acceso Flashback, il fascino rituale del vinile, i momenti più intensi vissuti tra le pareti del negozio, e le nuove voci che stanno riscrivendo il suono della città.
Con lui esploriamo cosa significhi, oggi, tenere viva la cultura del disco in una metropoli che cambia pelle ogni giorno, ma che non smette mai di suonare.
Se non ci conoscessimo, sono Corrado Parlati e questo è MentiSommerse.it, un magazine ribelle, un rifugio virtuale dove ti racconto le storie più belle legate al mondo della cultura.
FLASHBACK RECORDS: STORIA DI UN NEGOZIO DI DISCHI DIVENTATO LEGGENDA
Flashback Records è nato in una città che vive e respira musica e memoria. Qual è stata la scintilla che ti ha spinto ad aprire un negozio di dischi? E all’epoca, cosa speravi di trovare in questa avventura?
Dopo l’università, ho iniziato a lavorare in un negozio di dischi usati a Londra solo per pagare l’affitto mentre cercavo di diventare una rockstar. Sorprendentemente, non sono mai riuscito a diventarlo, così dieci anni dopo ero ancora lì, dietro il bancone, e a quel punto ho pensato che sarebbe stato meglio gestire un negozio tutto mio. Ero completamente immerso nella scena musicale, e quale modo migliore per restare vicino a tutto ciò che succedeva se non aprire un negozio di dischi? I clienti erano spesso musicisti, giornalisti musicali, DJ o persone dell’industria musicale.
Il mio obiettivo con Flashback Records, allora come oggi, era rendere l’esperienza del record shopping accessibile a tutti. All’epoca, i negozi di dischi erano spesso percepiti come luoghi intimidatori, con personale scontroso e supponente dietro il bancone pronto a deridere i tuoi gusti musicali. Volevo cambiare tutto questo, trasformando l’acquisto di dischi in un’esperienza luminosa ed entusiasmante per ogni tipo di pubblico, con uno staff competente e cordiale.
In un’epoca in cui tutto sembra andare verso il digitale, il vinile continua a resistere. Cosa pensi ci sia, nell’atto di mettere un disco sul piatto, che continua ad affascinare le persone?
Il disco in vinile è qualcosa di straordinario. È sorprendentemente durevole e, come oggetto, può essere incredibilmente bello. È qualcosa a cui ci si può affezionare profondamente. Quando lo metti sul piatto, non è solo ascoltare musica.
Per prima cosa, devi scegliere il disco da ascoltare, passando in rassegna la tua collezione, guardando le copertine o le etichette. Questo è molto più piacevole che scorrere una lista su una piattaforma di streaming. Poi c’è il rituale del gesto: posare la puntina sul vinile, sedersi e osservare quella copertina fondamentale, spesso piena di note, informazioni o testi, e che può essere un’opera d’arte a sé stante.
C’è anche la qualità del suono analogico, che può derivare direttamente da una fonte analogica oppure essere convertito da digitale ad analogico in fase di stampa da un convertitore digitale-analogico (DAC) professionale, che è sicuramente superiore a quello del tuo amplificatore domestico.
E poi c’è l’ascolto del disco così come l’artista l’ha concepito. Negli LP, i brani sono disposti in un ordine ben preciso, spesso con una pausa netta tra un lato e l’altro: questo è fondamentale per la visione creativa di chi l’ha scritto. Il vinile resta il modo migliore per vivere davvero quest’esperienza.
Un negozio di dischi non è mai solo scaffali e copertine — è un luogo di incontri, scoperte, svolte. Se dovessi scegliere tre storie che si sono intrecciate tra queste mura, quali diresti che ti hanno segnato di più?
La prima storia è che ho aperto Flashback Records la stessa settimana in cui è nato mio figlio, quindi sono cresciuti e maturati insieme nel corso degli anni!
Alcuni dei miei ricordi più belli sono legati ai concerti in-store. Abbiamo ospitato Thurston Moore dei Sonic Youth, che suonava nel negozio arrampicandosi sugli scaffali, con la chitarra infilata nel soffitto della cantina per estrarre urla di feedback, oppure uno dei miei gruppi preferiti, i Motorpsycho, che hanno tenuto un live acustico intimo nella sede di Shoreditch.
La storia più bella, però, è quella di una signora che è venuta in negozio per vendere la sua collezione di dischi: un mix di soul anni ’70 e punk. Le ho comprato la collezione, le ho dato i soldi e lei è uscita. Qualche ora dopo, mi sono imbattuto in un acetato 7” con etichetta bianca anonima, su cui era scritto “Bona Rays”. Gli acetati sono stampe uniche, quindi ho pensato potesse essere interessante. In modo insolito, c’era un attimo di silenzio nel negozio, così l’ho messo sul piatto per ascoltarlo.
In quel momento, la signora rientra e mi dice: “Stai suonando il mio disco!”. Si è scoperto che quell’acetato era l’unica copia fisica di un brano che aveva inciso nel 1977, nel pieno della scena punk londinese, ma che non era mai stato pubblicato. È stato affascinante scoprire che i Bona Rays erano probabilmente l’unica band punk originale del Regno Unito con una cantante nera.
Ho iniziato a parlare con lei, si chiama Chas, e alla fine ho deciso di pubblicare quel singolo con la mia etichetta, proprio prima del lockdown. Dopo il lockdown, Chas mi ha detto che voleva rimettere insieme una band per suonare dal vivo come Bona Rays, e che io dovevo essere il bassista. Così ora i Bona Rays hanno un repertorio completamente nuovo e quest’anno hanno pubblicato il loro primo singolo dopo 45 anni!
Londra cambia pelle ogni giorno, eppure certi suoni sembrano restare nell’aria. Quali sono, secondo te, le voci più interessanti della scena musicale londinese del 2025, e cosa le rende speciali?
Al momento spiccano sicuramente gli Heartworms, che stanno finalmente ricevendo il riconoscimento che meritano grazie a un sound post-punk/goth davvero potente. Jojo, tra l’altro, lavorava da Flashback!
Un’altra band indie-rock che si sta facendo notare è Sorry, anch’essa con un ex dipendente del nostro negozio tra le fila.
E poi c’è Goya Gumbani, che ha tenuto un live da noi a Shoreditch: il suo mix di hip hop con influenze soul e jazz, suonato con musicisti dal vivo anziché con i campionamenti, è davvero rigenerante.
Mettiamoci nei panni di Rob, il protagonista di Alta Fedeltà di Nick Hornby: se dovessi scegliere cinque dischi che incarnano davvero l’anima di questo posto — quelli che rappresentano meglio cosa sia Flashback Records — quali sceglieresti?
Loveless – My Bloody Valentine
Erpland – Ozric Tentacles
Selected Ambient Works – Aphex Twin
Maggot Brain – Funkadelic
Heart of the Congos – The Congos
Ricordi la prima volta che sei entrato in un negozio di dischi indipendente come cliente? Cosa hai provato, cosa hai comprato, e cosa hai capito quel giorno?
Sono cresciuto comprando dischi in una piccola cittadina del nord dell’Inghilterra. C’erano cinque o sei negozi sparsi per il centro, e mi organizzavo per visitarli tutti in un pomeriggio. Non c’erano grandi catene specializzate, solo reparti musicali in negozi come WH Smiths. All’epoca, in città non esistevano negozi indipendenti veri e propri.
In seguito, ho passato un’infinità di tempo da The Beat Goes On a Cambridge, che era il reparto dell’usato di Andy’s Records, che aveva anche una bancarella al mercato.
Non credo ci sia stato un momento eureka in cui ho scoperto la mia passione. Penso che sia sempre stata lì, da che ho memoria.
Fonte foto: pagina Facebook di Flashback Records