Quella di Fiorella Mannoia al Teatro Augusteo è stata una doppia data di rara intensità.
Con la forza della sua voce e l’eleganza dell’orchestra, Fiorella ha creato un’atmosfera magica e senza tempo, un momento di bellezza pura che resterà impresso nei cuori dei presenti. In un’epoca in cui la superficialità sembra dominare, Mannoia dimostra che la musica può ancora essere un veicolo di profondità e riflessione.
Una serata di emozioni intense e suoni sublimi, dove ogni brano, potente e significativo, è stato scelto con cura, diventando un tassello di un mosaico di storie, lotte, speranze, disobbedienza consapevole e memoria collettiva.
Se non ci conoscessimo, sono Corrado Parlati e questo è MentiSommerse.it, un rifugio virtuale dove ti racconto le storie più belle legate al mondo della musica.
L’eleganza dell’orchestra e la magia del repertorio
La protagonista indiscussa della serata è stata certamente Fiorella, che con questa serie di concerti ha celebrato i suoi primi settant’anni, ma il valore aggiunto di questo tour è senza dubbio l’Orchestra Saverio Mercadante di Altamura, diretta da Rocco De Bernardis. I 21 musicisti dell’orchestra, uniti ai membri della band storica della cantante, tra cui Carlo Di Francesco (percussioni e direttore artistico, nonché marito della cantante), Raul Scebba alle percussioni, Sebastiano Burgio al pianoforte, Pierpaolo Ranieri al basso e contrabbasso e Massimiliano Rosati alle chitarre, hanno trasformato ogni canzone in un’opera d’arte sonora.
Ogni arrangiamento è stato studiato per esaltare la sinfonia e il lirismo delle composizioni, creando un equilibrio perfetto tra l’orchestra e la voce calda e penetrante di Fiorella.
La scaletta è una celebrazione di carriera e canzoni simboliche, ricca di brani che hanno segnato la discografia della Mannoia e toccato il cuore del pubblico: da “Caffè nero bollente”, il pezzo che l’ha lanciata a Sanremo nel 1981, a “Come si cambia”, con un testo potente e senza tempo di Maurizio Piccoli e Renato Pareti.
Tra i momenti più intensi spiccano “Pescatore”, duetto originariamente inciso con Pierangelo Bertoli che ci ricorda quanto, in fin dei conti, siamo tutti fatti di carne e sangue, e “Giovanna d’Arco” di Francesco De Gregori, brani che esprimono la forza e la tenacia dei personaggi femminili.
Non mancano, ovviamente, i momenti dedicati alla parte più recente del repertorio di Fiorella Mannoia, che nel tempo ha iniziato a vestire i panni di cantautrice, dando voce alle storie dei Sud del mondo – per le quali, come ha raccontato sul palco, è stata fondamentale la lettura di “Terroni” di Pino Aprile – e alle battaglie personali di ogni singolo essere umano.
“Mariposa”: la resistenza delle donne in una farfalla
Uno dei momenti più toccanti del concerto è stata l’esecuzione di “Mariposa”, brano recente dedicato alle sorelle Mirabal, tre donne dominicane ribelli, trucidate per la loro opposizione al dittatore Trujillo.
L’ispirazione per questo pezzo è nata dalla visione della serie Il grido delle farfalle, dedicata alla storia delle “Las Mariposas” (le farfalle), come venivano chiamate le sorelle per la loro bellezza e delicatezza.
“Mariposa” non è solo una canzone, ma un manifesto di resistenza: l’immagine della farfalla che imbraccia un fucile è un potente simbolo della lotta delle donne contro ogni oppressione. Un testo in cui ogni frase è un’immagine e che attraversa diverse rappresentazioni femminili: dalla strega sul rogo alla guerriera, passando per l’idea di una donna libera, orgogliosa e in costante ricerca di giustizia.
La scenografia del teatro, minimalista e dominata da tre grandi farfalle, ha contribuito a creare un’atmosfera intima, perfetta per un brano così carico di significato simbolico.
Il pubblico ha accolto “Mariposa” con applausi scroscianti e occhi lucidi, evidenziando l’importanza di questa tematica nel contesto odierno.
Il potere delle parole e la scelta delle cover
Fiorella Mannoia ha sempre avuto un legame speciale con le canzoni altrui, facendole proprie con quella capacità interpretativa che la distingue. Nel corso della serata, la cantante ha proposto interpretazioni di alcune delle canzoni più significative della storia della musica italiana, ormai diventate patrimonio culturale del paese, come “Io vivrò senza te” di Lucio Battisti, “Margherita” di Riccardo Cocciante e “Se io fossi un angelo” di Lucio Dalla.
Quest’ultima, in particolare, sembra diventare sempre più attuale, e nelle mani della Mannoia diventa quasi un profetico canto di resistenza, una riflessione su un’umanità sempre più divisa da guerre e diseguaglianze.
Non poteva mancare “Sally”, la celebre canzone di Vasco Rossi, rendendola un inno all’inquietudine e alla forza di rimettersi in gioco, sentimenti che la Mannoia riesce a interpretare con una potenza emotiva ineguagliabile.
Anche “Besame mucho” e “Quizas”, due classici latini, hanno regalato al pubblico un momento di leggerezza, lasciando intravedere il lato più passionale e poetico di Fiorella, da sempre e orgogliosamente straordinaria interprete.
Napoli, Pino Daniele e un omaggio commovente
La scelta di chiudere con “Quello che le donne non dicono” e “Il cielo d’Irlanda” ha trasformato il Teatro Augusteo in una grande festa, un’esplosione di emozioni che il pubblico ha cantato a squarciagola insieme a lei. “Quello che le donne non dicono”, scritto da Enrico Ruggeri e Luigi Schiavone, è da sempre una dichiarazione d’indipendenza e sensibilità femminile, e nelle mani di Fiorella Mannoia ha assunto nel corso degli anni toni ancora più profondi.
Con “Il cielo d’Irlanda”, invece, si è chiuso il cerchio di una serata indimenticabile, una celebrazione della musica come mezzo di unione e di elevazione dello spirito, che vede la Mannoia scendere in platea e cantare godendosi l’abbraccio di un pubblico passionale come quello napoletano. Dovunque tu stia bevendo, con zingari o re, il cielo d’Irlanda è dentro di te.
La tappa napoletana di “Fiorella Sinfonica” non poteva concludersi senza un tributo a Pino Daniele. A due passi dalla casa natale del cantautore, Fiorella ha voluto regalare al pubblico napoletano un momento a cappella sulle note di “Sulo pe parla”.
Senza preavviso, con semplicità e intensità, ha dedicato queste parole a un amico che non c’è più ma la cui eredità musicale continua a vibrare nell’anima della città.