Pierdavide Carone torna sulla scena musicale con “CARONE”, un album che rappresenta la continuazione di un percorso personale e artistico autentico, in cui emozioni e riflessioni si alternano in modo sincero.
Con il suo tipico approccio diretto e ironico, Carone racconta se stesso, i suoi rapporti, e i momenti più intimi che hanno segnato la sua vita recente.
In occasione dell’uscita dell’album, ho scambiato due chiacchiere con lui per presentare questo nuovo lavoro e della sua visione dell’amore, dell’ironia e dell’importanza di mantenere la propria identità in un mondo in continua evoluzione.
Se non ci conoscessimo, sono Corrado Parlati e questo è MentiSommerse.it, un rifugio virtuale dove ti racconto le storie più belle legate al mondo della musica.
INTERVISTA A PIERDAVIDE CARONE
L’album “CARONE” segna il tuo ritorno sulla scena musicale. Cosa rappresenta per te questo nuovo lavoro?
Un ritorno ai colori dopo il bianco e nero di “casa”.
Il singolo “Mi vuoi sposare?” è particolarmente intimo e riflessivo. Come è nata l’idea di scrivere una canzone su questo tema così diretto e universale?
In realtà, come spesso mi capita, quando inizio a scrivere, che siano storie o riflessioni, lo faccio a mo’ di flusso di coscienza, e così è stato anche stavolta.
Come dico nella canzone, in mezzo a tanti pensieri confusi alla fine forse bisogna solo buttarsi, come quando si chiede a qualcuno di sposarlo.
In brani come “Mi vuoi sposare”, “Hey” e “Lilli senza il vagabondo”, esplori diverse sfaccettature delle relazioni. Cosa ti ispira di più nello scrivere canzoni d’amore? Qual è la tua visione dell’amore oggi?
M’ispira quello che vivo, in prima persona o attraverso le storie degli altri. La mia visione oggi è che l’amore è una sfida, e come tutte le sfide è difficile da affrontare e da accettare. L’odio è molto più semplice e gli eventi stanno lì a dimostrarcelo.
“I soliti film”, inizialmente dedicato a una donna, si è trasformato in un tributo a tuo padre. Come hai vissuto questa trasformazione e cosa rappresenta per te questo brano?
In realtà la prima parte di questa domanda andrebbe fatta a Davide Malvi, perché lui scrisse la prima stesura, dedicata a una donna, e io, preso dallo stato emotivo dato dall’aver scoperto che mio padre aveva una malattia incurabile, ho avvertito qualcosa nel testo che somigliava al mio stato d’animo, pur essendo due cose completamente diverse.
Per me rappresenta il dolore di una scoperta inesorabile. Oggi ovviamente ho uno stato d’animo diverso: mio padre è morto e custodisco ricordi che lo tengono in vita dentro di me.
Il dolore ha lasciato il passo al ricordo, dopo aver passato un miliardo di altre fasi.
“Carla e la credenza” sembra invitare a mettere in discussione le proprie certezze. Da dove nasce questa riflessione e quanto è stato importante per te affrontare questo tema?
Nasce nei luoghi comuni, quelli fisici in cui si ritrovano persone che nemmeno si conoscono e sono lì solo perché hanno preso la metro alla stessa ora, o perché sono in fila al supermercato.
Magari dopo quel breve e casuale momento di convivenza forzata non si rivedranno mai più, ma in quel momento magari sei costretto a sentirli, e viceversa, e spesso diciamo “luoghi comuni” anche in senso filosofico.
Questo tema mi serve ad esorcizzare quelli di cui magari sono schiavo io in primis.
L’ironia è una caratteristica distintiva della tua scrittura, come possiamo vedere in brani come “Ogni 28 giorni” contenuta in “Carone” e “Una canzone pop”, se vogliamo tornare alle origini. Quanto è importante per te mantenere questo elemento anche nei momenti più riflessivi e cosa ti ha spinto a riprendere quel tono di scrittura?
Sono io, posso essere romantico, nostalgico, doloroso, ma anche ironico, grottesco, burlesco, e quando scrivo voglio che emerga ogni aspetto della mia personalità, così da fare un disco quanto più sincero e distillato possibile.
Guardando a “Una canzone pop” a quasi 15 anni di distanza, come credi sia cambiato il mondo della tua musica e il tuo approccio a esso?
Non credo sia cambiato il mondo della mia musica, bensì il mondo della musica stesso, e allora il mio approccio è di rimanere fedele a me stesso senza però scollarmi troppo dalla realtà.
Ad Alice Cherubini e Pierdavide Carone va un sentito ringraziamento.