Quella di Stefano Signoroni e Paolo Jannacci è una storia di amicizia, ancor prima che musicale. Dalla collaborazione per la cover “Una fetta di Limone”, omaggio a due icone della canzone italiana, Giorgio Gaber e Enzo Jannacci, al prossimo appuntamento sul palco del Blue Note Milano, dove il prossimo 18 maggio si esibiranno in un evento imperdibile che promette emozioni, ritmo e un’incredibile fusione di jazz e canzone d’autore.
Ma chi è Stefano Signoroni dietro le luci del palcoscenico? Cantante, compositore, pianista e ricercatore in campo oncologico, Signoroni ha plasmato una carriera ricca di successi e significativi contributi alla scena musicale italiana e internazionale. Tra le corsie degli ospedali e le atmosfere esclusive del jet set, ha saputo conquistare pubblico e critica con il suo talento poliedrico.
Ma il viaggio musicale di Signoroni non si ferma qui. Con un repertorio che spazia dal jazz al pop mondiale, dal Natale al calcio, ogni sua creazione è un tassello prezioso nel mosaico della sua carriera.
Per conoscerlo meglio, ho scambiato due chiacchiere con lui, attraversando il suo passato, il suo presente e il suo futuro, esplorando i molteplici strati di un artista eclettico.
Sono Corrado Parlati e questo è MentiSommerse.it. Un rifugio virtuale, dove ti racconto alcune delle storie più belle legate al mondo della musica.
INTERVISTA A STEFANO SIGNORONI
Ogni storia è giusto che venga raccontata dall’inizio: come si è avvicinato Stefano Signoroni al mondo della musica?
La passione per la musica e l’avvicinamento a questo mondo derivano sicuramente da un’impronta familiare. Ho ascoltato e respirato musica classica, il britpop e la musica italiana in particolare grazie a mio padre e all’età di otto anni ho chiesto ai miei genitori di poter iniziare a studiare pianoforte. Molto probabilmente ho fin da subito assorbito la musica e ho capito potesse essere una cosa importante nella mia vita.
Il 18 maggio sarà sul palco con Paolo Jannacci, in una serata in cui il fil rouge che vi lega è innanzitutto l’amicizia. Ricorda com’è andato il vostro primo incontro?
Il primo incontro con Paolo è stato durante una manifestazione estiva che si tiene all’Istituto Nazionale dei Tumori, l’ospedale presso cui collaboro nell’attività di ricercatore, che si chiama “Notte su un tetto che scotta”. L’abbiamo invitato per tenere un concerto per i pazienti e da lì in poi abbiamo iniziato a conoscerci e confrontarci, siamo diventati amici e abbiamo iniziato a collaborare.
La vostra prima collaborazione, almeno in senso ufficiale, risale al 2022 con la realizzazione di una cover di “Una fetta di limone”, in omaggio a Jannacci e Gaber. Com’è nata la scelta di questo brano?
La nostra prima collaborazione in “Una fetta di limone” nasce in parte per il fatto che il brano mi piace molto da sempre. Il pezzo originale era solo di Giorgio Gaber, poi però è stato rifatto negli anni ‘60 insieme a Enzo Jannacci come gli Ja-Ga Brothers a prova della loro amicizia, ed è inserito in un EP che contiene quattro brani.
A me piaceva moltissimo innanzitutto perchè è un genere che amo molto, il rock ‘n roll, e perchè anche a livello pianistico ha cose molto belle. Anche in questo caso è tutto partito per caso quasi per gioco durante una cena ho detto a Paolo che mi sarebbe piaciuto rifare “Una Fetta Di Limone” come omaggio a papà Enzo e al grande Gaber che sono due giganti di Milano.
A Paolo l’idea è piaciuta e l’abbiamo subito realizzata insieme alla mia band con Giordano Colombo.
Tornare al Blue Note è sempre un’emozione speciale. C’è un concerto, in questa straordinaria location, che ricorda con particolare affetto che vuole raccontarci?
Tornare al Blue Note è sempre una grande emozione. Per quanto riguarda i miei concerti credo che il primo nel 2016 sia quello ancora oggi legato ai ricorsi emotivamente più intensi, non perchè poi l’abitudine subentri e appiattisca le cose, ma sicuramente le rende un pochino più “normali” anche se ogni volta tornare su quel palco è incredibile.
Tra i grandi concerti a cui ricordo con piacere di aver assistito c’è quello di Christopher Cross, anche se non legato al mondo del jazz ma più al mondo pop e cantautorale.
Alla carriera al pianoforte affianca quella in corsia. C’è un insegnamento in particolare che ha tratto dalla sua carriera di ricercatore che vuole condividere con i lettori di Menti Sommerse?
Per quanto riguarda la mia carriera musicale e quella in corsia devo dire che ho capito che in fondo mi rappresentano entrambe.
Lavorando nell’ambito sanitario e in un settore particolarmente delicato che è quello dell’oncologia, avere il contatto quotidiano con persone che magari affrontano condizioni molto serie mi aiuta a tenere i piedi per terra.
La musica serve invece in qualche modo per elevarmi, staccarmi dalla realtà e quindi potermi dedicare al bello delle cose. Di fatto sono entrambe mie anime e sono riuscito a trovare un equilibrio.
A Stefano Signorelli e Giorgia di About-ent va un sentito ringraziamento.