Sandro Joyeux, che ha da poco rilasciato Jumua, sarà protagonista all’Auditorium Novecento con un concerto speciale il prossimo 13 aprile.

Per presentare il suo nuovo lavoro e ripercorrere le tappe della sua emozionante storia artistica e umana, ho avuto il piacere di scambiare due chiacchiere con lui.

Sono Corrado Parlati e, se non ci conoscessimo, attraverso le pagine di MentiSommerse ti racconto alcune delle storie più belle del mondo musicale, con l’obiettivo di portare alla luce tutto il bello che non vediamo. Benvenuto a bordo!

JUMUA: UNA DICHIARAZIONE D’AMORE PER LA MUSICA AFRICANA

Jumua è il tuo nuovo singolo, uscito lo scorso 29 marzo. Com’è nato questo brano e qual è il messaggio che porta con sé?

Tornato in Europa dopo la tournée in Burkina Faso con il mio griot Inoussa Dembele, alla fine del 2021, ascoltavo le registrazioni dei vari concerti. All’improvviso, le mie antenne si drizzano, svegliate da un loop ipnotico di kamalen’goni, liuto antico dell’Africa occidentale.

Da quei 5 secondi di concerto, è poi nato il brano. Questa canzone farà parte di un EP in uscita nei prossimi mesi, prodotto da Adriano Viterbini e Fabio Rondanini, e mixato da Tommaso Colliva.

Il testo esprime il mio amore per queste musiche etniche che mi fanno vibrare da sempre. Come un mantra, una preghiera ciclica che porta alla trance.

Ma anche un ringraziamento alle radici profonde.

LE NOTTI NAPOLETANE TRA BASSI, PERIFERIA E I CONCERTI SPECIALI CON TONI ESPOSITO

Il 13 aprile sarai in concerto a Napoli, luogo con cui hai da sempre un legame speciale. Cosa rappresenta per te questa città?

Quando penso a Napoli, sento la vita frenetica ma nello stesso tempo flemmatica, respiro aria di libertà, ma anche odori e colori, un calderone rumoroso e caotico, una città che soddisfa tutti i sensi. E poi il campo del possibile e dell’assurdo. Per quanto riguarda la Napoli che ho vissuto io, vorrei raccontare le mie due prime notti partenopee nel lontano 1999.

La prima ero ospite di alcuni ragazzi algerini clandestini a Giugliano, la seconda invece ho dormito in un basso dei quartieri spagnoli, ospite di un ragazzo, in tre nello stesso letto con suo nonno. Non poteva iniziare meglio! In quell’epoca suonavo per strada, magari i soldi erano pochi ma quelli non ti servono perché Napoli nutre sempre chi ha fame.

Più recentemente ho vissuto nella periferia nord della città per lavorare alle produzioni musicali, e ho avuto l’onore di collaborare con tanti artisti tra i quali Eugenio Bennato al Teatro San Carlo per l’opera sinfonica “L’amore muove la luna” (poi Eugenio ha cantato anche in una mia canzone, Ce n’est pas ça), e numerosi featuring con Daniele Sepe.

Voglio anche ricordare il concerto di poche settimane fa al Palapartenope a sostegno della Palestina, la prima grande occasione di voce collettiva per Gaza.

Può esserci, secondo te, un filo conduttore musicale che lega Napoli e l’Africa, verso la quale hai scritto una vera e propria dichiarazione d’amore con Jumua?

L’ospitalità napoletana sembra “paro paro” alla leggendaria “Teranga” senegalese: quando sei ospite ti lasciano il loro letto migliore. L’ospite è un regalo e va trattato come tale.

Ho moltissimi amici africani al Vasto, mangio il Tiep con loro nei ristorantini del quartiere, mi invitano a suonare per la festa nazionale senegalese ogni 4 aprile. Poi tanti locali afro, il Dunya, il Moses, dove ho avuto il piacere di esibirmi.

Musicalmente parlando ci sono anche dei ponti ritmici e melodici tra la tammuriata e alcuni ritmi di trance, che condividono radici comuni.

Perché tutte le musiche sono legate fra di loro come una lunga catena.

Sei stato special guest della band di Toni Esposito nelle edizioni 2012/2013 di “Pino Daniele – Tutta n’ata storia” al Palapartenope di Napoli. Che ricordi hai di quei momenti? C’è un aneddoto particolare che vuoi raccontarci a riguardo?
Mi hanno portato tre volte al pronto soccorso per svenimento… scherzo!

Toni è una persona splendida, un sognatore. Questi concerti sono uno di quei doni immateriali che la vita ti regala e che ti porti nella tomba. Ritrovarmi a chiacchierare nei backstage con Tullio de Piscopo o James Senese, calcare il palco insieme a Joe Amoruso o Gigi de Rienzo, mi sembrava di sognare ad occhi aperti.

LA VISIONE DELL’ALTRO DI SANDRO JOYEUX

Alla tua attività di artista hai sempre associato un forte impegno sociale, come nel caso dell’Antischiavitour, un tour per sostenere i lavoratori stagionali stranieri in Italia che hai realizzato nel 2012, o dei progetti con Save The Children. Qual è la tua visione dell’altro oggi?

La situazione è sempre più critica e drammatica. La guerra è alle nostre porte. Circondati dal colpo di stato, furto delle ricchezze, bombardamenti, gente che fugge. L’Europa è diventata una fortezza blindata. Le politiche e le opinioni si sono indurite. Le strutture d’accoglienza che più o meno funzionavano sono state smantellate.

Anche intervenire sia umanamente sia musicalmente è più difficile, l’aiuto è criminalizzato per legge. Sarebbe molto più saggio accogliere ora in modo costruttivo, nel rispetto delle persone piuttosto che perseguitare, rinchiudere e alimentare odio. Accoglienza e creazione di nuovi equilibri in cui nessuno si sente messo da parte, sono l’unica via giusta.

IL PRIMO CONCERTO DI SANDRO JOYEUX

Facciamo un ultimo tuffo nel mondo dei ricordi: vuoi raccontarci come andò il tuo primo concerto?

Era il locale (minuscolo) più figo di Firenze, L’Eskimo, si chiamava. Marco, anche lui musicista e gestore del locale, aveva dovuto spostare un’altra band per farmi suonare visto che venivo da Parigi con l’autostop e l’orario (anzi, il giorno) di arrivo non era molto preciso.

Dopo dodici camionisti e 37 ore di viaggio salii sul palco direttamente. L’Eskimo è stato essenziale nella mia crescita perché Marco mi dava sempre la possibilità di suonare le mie canzoni e di crescere nel mio rapporto con il pubblico.

Da allora, fortunatamente, tante cose sono cambiate, e ora ho la fortuna di suonare insieme a musicisti strepitosi. Vi invito a toccare con mano, venite a sentirci sabato 13 aprile, quando presenteremo il nuovo lavoro all’Auditorium Novecento!

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