Ogni prima volta porta con sé una serie di emozioni che spingono oltre ogni limite razionale. È per questo che, spesso, si hanno ricordi confusi di quei momenti.
Dopo un autunno e un inverno trascorsi in un fabbricato agricolo riadattato a sala prove a Lemizzone, per Ligabue e Orazero arriva il momento di salire sul palco.
Inizialmente un singolare power trio con due chitarre (Roberto Bartolucci e Paolo Signorelli) e una batteria (Alberto Imovilli), poi ampliato a quattro con l’arrivo di Bruno Pederzoli – che aveva conosciuto Ligabue e Maioli a Radio Studio 6 – alla seconda chitarra, che spostò Riccardo Bortolucci al basso. Il primo concerto si tiene presso la sede del Circolo Culturale Lucio Lombardo Radice di Correggio.
Una sorta di matinée, con inizio fissato alle ore 16, nell’ambito di una rassegna culturale organizzata dallo stesso circolo.
Il Centro culturale Lucio Lombardo Radice, originariamente istituito come commissione culturale del Partito Comunista nei primi anni ’80, rappresentava infatti un punto cruciale di questa fervente attività. Nasceva dalla trasformazione radicale della sede del PCI in una vasta casa della cultura, che ospitava il giornale Primo Piano, la radio “Studio sei” (dove Ligabue era attivamente coinvolto), una rivendita di periodici, sale conferenze, cinema e diventava l’epicentro della vita culturale e politica di Correggio.

Ore 16, dicevamo. Ora zero, ora da eroi, ora di far vedere qualcosa.
“Ricordo la tensione del momento, ricordo anche il montaggio del mio vecchissimo ampli da basso (un Montarbo, cassa e testata che a me sembrava un gioiello ma che oggi sarebbe oggetto di sicura presa per il c…!)”, racconta Roberto Bartolucci, bassista degli OraZero.
“Ricordo il palco, una pedana in legno alta sì e no 10 centimetri che a me sembrava il palco più bello e grande mai immaginato, l’arrivo delle persone che pian piano riempivano quella stanza, l’attacco della prima canzone e poi entrai in trance… solo attimi, perché il tutto fluiva come un’onda gigante in cui mi trovavo immerso.
Sembra davvero strano ripensarci adesso, ci saranno state 60/70 persone forse, tutti amici che erano sicuramente ben predisposti a noi, ma quelle sensazioni lì furono così forti che mi lasciarono la chiara intenzione che avrei dovuto continuare a salire su un palco, perché era tutto troppo intenso per perderlo per sempre”, prosegue il bassista.
Fu una vera e propria trasformazione: Luciano, infatti, quella sera mette da parte la sua timidezza cronica e travolge i presenti con una performance incredibilmente energica.
Bruno Trico Pederzoli, alla chitarra, è scatenato nel suo look con giacca e papillon e una cassetta dei Roxy Music in tasca.
In questa intervista rilasciata più di trent’anni dopo, Ligabue ha ricordato così il suo primo concerto:
“Una domenica pomeriggio. Palco alto 40 cm, il soffitto due metri. Un paio di luci, un mixer ridicolo. Cento amici a vedermi, mio fratello Marco con gli occhi sgranati che diceva ‘mostro, esci dal corpo di Luciano’.
Ero un altro lì sopra, improvvisamente. Eppure avevo già 27 anni.
Claudio Maioli, il mio manager, fumatore accanito, accese direttamente il pacchetto. Trafficava intorno al tecnico come se ne capisse qualcosa. Gli dissi: dammi una storia così ogni sera, facciamo un patto di sangue”.
Probabilmente nessuno, quel pomeriggio, avrebbe potuto immaginare che alcune di quelle canzoni, come “Marlon Brando è sempre lui”, avrebbero composto la scaletta di un evento tenutosi a pochi chilometri da lì, con un palco ben più grande, entrato nella storia del rock italiano e non solo come quello di Campovolo.
Perché quel patto di sangue è rispettato. Perché quei sogni di rock ‘n’ roll sono diventati realtà.
Perché, a conti fatti, non è obbligatorio essere eroi.