Per la partenza era tutto pronto, l’Erasmus lo attendeva, Roberto Colella aveva già comprato i biglietti aerei. Destinazione Praga, la città delle cento torri.

Come sosteneva qualcuno, però, la vita è ciò che accade mentre trascorri il tuo tempo a far programmi e, da poco, Roberto aveva iniziato a seguire uno degli insegnamenti ricevuti durante le lezioni dedicate a Shakespeare: iniziare a scrivere ed esprimersi nella lingua ritenuta più congeniale.

E infatti, da qualche tempo, Roberto aveva messo da parte la propria esterofilia per iniziare a comporre in napoletano. Dal 2013 aveva incontrato un gruppo di ragazzi, tra cui il trombettista Vincenzo Capasso, e aveva iniziato a esibirsi nei locali e partecipare a vari contest.

Uno di questi metteva in palio un videoclip. I ragazzi persero, ma qualcuno nel pubblico s’innamorò dell’antieroe a cui era dedicata la canzone che i ragazzi stavano portando in giro e, in qualche modo, decide di premiarli lo stesso.
Perché diciamocelo, soprattutto qui a Napoli i loser – o, almeno – quelli che sembrano tali piacciono molto.
Ed è così che esce il video di “Pullecenella”, girato nel cuore del centro storico, ponendo il personaggio nel cuore dell’immaginario “Vicolo dell’Alleria”.

In una delle interviste che abbiamo realizzato nel corso degli anni, Roberto Colella mi ha raccontato che nell’immaginario popolare Pulcinella “rappresenta tutt’altro che qualcosa di buono, ma nella canzone viene vestito di un’allegra malinconia. La gente ha capito il messaggio che volevo lanciare, perché oggi, se trattiamo Pulcinella, ci immergiamo in uno stereotipo e cercare di distruggerlo con la sua stessa arma, ovvero con il mandolino, l’allegria e la malinconia che si cela dietro quest’ultima, è un’impresa che ci è riuscita con leggerezza, in realtà. Quella volta capii che forse era meglio insistere con la musica, che era sempre stata un pallino”.

la maschera canzoni più belle

Negli ultimi anni, ho avuto modo di interviste più volte Roberto e di ascoltare dal vivo il gruppo, tra concerti e presentazioni di dischi.

Quindi, facciamo quattro passi, lasciamoci alle spalle il Vicolo dell’Alleria e andiamo alla scoperta del mondo musicale di Roberto Colella e de La Maschera.

Sono Corrado Parlati e vi do il mio più caloroso benvenuto a bordo!

LA CONFESSIONE: UN PADRE, UN PRETE O UNA “CAPERA”?

“La confessione” è un brano che, negli intenti iniziali, aveva al centro la figura di una maschera napoletana: la “capera”.

Poi, come racconta Roberto in questa intervista “le cose che venivano raccontate sembravano sempre più delicate, richiedendo la presenza di una persona super partes che potesse raccontarle. Nell’immaginario collettivo è diventato un prete, anche se nel testo non viene mai definito esplicitamente come tale.

Non c’è un solo riferimento chiaro, potrebbe essere anche un padre, il personaggio de “La confessione”, perché la persona confida qualcosa quando c’è un rapporto sano. È bello che sia stata accolta in questo modo da tanti sacerdoti”.

AMARCORD: IL MANIFESTO POETICO DI ROBERTO COLELLA

“Amarcord” è una delle canzoni nate durante il periodo di influenza anglofona di Roberto. La canzone rappresenta una forte dichiarazione d’amore verso Napoli, ma soprattutto uno dei manifesti più limpidi della poetica de La Maschera, con un testo e un titolo fortemente evocativi.

Si apre l’album dei ricordi, si torna a una dimensione giovanile fortemente partenopea, fatta di attese all’ombra di una statua, di sogni in cui una chitarra avrebbe potuto cambiare, se non il mondo, almeno una parte di esso, e si arriva ai versi “Je m’arricordo ‘e te guardanno ‘o mare / e si saglie ‘o cafe’ / pozzo senti’ l’addore / pozzo senti’ l’amaro ‘e sta città”.

STORIE DI PERIFERIA E DI RESISTENZA

Le storie narrate da Roberto Colella nascono dal cuore della periferia. Accade così fin da “Pullecenella“, che nasce nel cuore di Villaricca anche se è ideologicamente collocata nel cuore di Napoli, e “Gente ‘e nisciuno”, dedicata al dramma della Terra dei fuochi.

Su questo filone prosegue “ParcoSofia“, che prende il nome dal parco in cui Roberto è cresciuto e che, paradossalmente, nasce nei tre anni in cui l’autore ha vissuto al centro storico. Storie di marciapiedi divisi e di sostanze che abbattono la malinconia, di case popolari, di guerre in cui è più difficile restare.

“Sotto chi tene core” è un disco che vede come tema chiave quello della resistenza. Già la title track – ispirata a una frase pronunciata da una comparsa nel film “Le quattro giornate di Napoli” – è una dichiarazione d’intenti: “Vivere è resistenza, sotto chi tene core“.

È resistenza anche quella di Mirella e del suo compagno di vita Felice Pignataro (qui la sua storia), che hanno dato vita al GRIDAS tra le distese di cemento di Scampia, quella di Thomas Sankara, leader che trasformò l’Alto Volta in Burkina Faso e combatté la povertà con riforme sociali e ambientali, che venne assassinato nel 1987 in un colpo di Stato messo in atto dal vice Blaise Compaoré, all’epoca il suo migliore amico. Se volete conoscere a fondo la sua storia, non perdete questo articolo.

A far da sfondo al valore della resistenza, quasi come se fosse la faccia speculare della medaglia, è sicuramente l’amore. Immerso in un contesto sociale forte, l’amore è presente in ogni traccia del disco con una estrema delicatezza. È amore quello di “Mirella è Felice”, così come lo è quello del capitano e del marinaio – rappresentanti dell’eterno dualismo tra cervello e cuore – protagonisti di “14 agosto”. È sicuramente una canzone d’amore “Chi se vo’ bene”, che porta al centro il concetto della costanza, troppo spesso finita ai margini delle relazioni.

CORE E LIGNAMME: LA VERA STORIA

Quando ho incontrato Roberto Colella nel backstage prima di un concerto a Bacoli questa estate, non ho potuto fare a meno di chiedergli di raccontarmi la vera storia di Core ‘e lignamme, contenuta nell’ultimo album del gruppo. Visibilmente emozionato, mi ha regalato questa testimonianza:

“Pasquale era il suo nome ed era un senza fissa dimora, un invisibile, se vogliamo. Viveva a Torre Annunziata Nord e trascorreva le giornate sull’autogrill a leggere libri di poesie e a scrivere qualcosa.

Ci incontrammo qualche anno fa, e mi raccontò un po’ della sua storia, che era particolarissima. Mi disse che dal nostro incontro era nata in lui la voglia di scrivere e mi regalò questo biglietto con scritto: ‘C’è l’amore nel mio sguardo, c’è l’amore che ti chiama’.

Da lì è nata un’amicizia e ci sentivamo praticamente tutti i giorni. È stato davvero qualcosa di straordinario, perché era una persona semplicissima e aveva tantissimo da dire. Aveva racconti di strada, aveva sessant’anni ma sembrava ne avesse mille. Quindi è difficile raccontare la sua storia; a me piace pensare che lui sia ancora vivo, magari grazie a un ricordo che può essere una canzone.

La sua morte è stata uno shock per me, non me l’aspettavo, anche se forse avrei dovuto saperlo, immaginarlo.”

BONUS TRACK: SENZA GIACCA E CRAVATTA

Nel corso dellla pandemia, Roberto Colella ha dato vita anche a un altro progetto “Isolamente”, un disco uscito a tiratura limitata – 400 copie, a cui bisogna aggiungere quelle uscite a nome dell’amico immaginario “Ernesto” – che rappresenta n viaggio intimo, puramente mentale, tra luoghi e suoni cari all’artista.

“IsolaMente” nasce come risposta creativa a un periodo difficile, che si pone come obiettivo quello di trasformare la solitudine in una sorta di isola felice. L’album offre una grande varietà di influenze, dalla tradizione napoletana a canzoni portoghesi e sarde, esplorando mondi vicini e lontani. In questo progetto, Roberto Colella ha sottolineato ancora una volta il ruolo salvifico della musica, ancor di più in un periodo di isolamento, durante il quale ha offerto una sensazione di libertà.

Come anteprima del disco, il frontman de La Maschera ha pubblicato una bellissima versione di “Senza giacca e cravatta”.

Ed è con questo brano che vi do appuntamento ai prossimi episodi dedicati agli artisti più interessanti del panorama musicale napoletano.

Ph immagine di copertina: Marco Carotenuto

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