Non voglio essere definito un cantautore, ma un cantapopolo, perché io racconto loro. Io faccio parte del popolo“, mi raccontò Franco Ricciardi in un’intervista realizzata pochi giorni dopo l’annuncio del concerto al Maradona.

Sono proprio le storie del popolo che Franco porta in musica e sul palco: figli di un bronx minore che con poco e niente fanno miracoli e crescono figli. Di mali amari, di malammori e di un balcone che sembra Sharm.

Ed è proprio da lì che parte il viaggio nei 37 anni di carriera di Franco Ricciardi: dopo ‘O sole mio, che si conclude con un Ricciardi visibilmente emozionato inquadrato sui maxischermi, parte il suono degli elicotteri e inizia 167, scritta con Peppe Lanzetta, a pochi passi da quella Via Marche dove iniziò a cantare nella camera da letto dei suoi genitori in occasione del loro venticinquesimo anno di matrimonio.

Scegliere la scaletta per un concerto del genere non è affatto facile, ancor più se alle spalle hai una carriera che ha fatto del cambiamento costante e del crossover i propri marchi di fabbrica.

Nonostante sia cambiato tanto, discograficamente, nel corso degli anni, Ricciardi sceglie in maniera estremamente bilanciata la scaletta, dando spazio sia ai brani che l’hanno reso un’icona, come ‘A verità, con cui ha vinto uno dei due David di Donatello, eseguita in una nuova versione gospel, sia a chicche provenienti dai primissimi album.

È proprio sulle note di “Nun me lassa‘”, “Madre” e “Male“, eseguite con un trio di mandolini, il momento più toccante della serata: Ricciardi sale sul palco con dei palloncini bianchi che lascia volare in ricordo del padre, venditore ambulante a Edenlandia e nelle feste di piazza.

Non potevano ovviamente mancare alcuni degli amici con cui ha incrociato le strade: sul palco infatti lo raggiungono Andrea Sannino – con cui canta “Te voglio troppo bene” e “Abbracciame” -, Clementino per “Magari questa notte”, Enzo Dong per l’immancabile “Prumesse mancate” e, sul finale, un emozionatissimo Rocco Hunt, che lo accompagna su quel treno a cui ha dato una nuova veste.

Dopo 37 anni di carriera, dunque, il ragazzo della Masseria Cardone ha avuto la festa che meritava. “O tiempo va e nun te fa pensa’ chi eri prima e chi vulive addiventa’. Io songo ‘e cca, nun me voglio accuntentà, ‘A genta mia me crede e nun voglio cagna‘”, canta in una delle canzoni tratte da Blu presenti in scaletta. Con una certezza: anche dopo una serata del genere, Franco Ricciardi resterà sempre quel ragazzino che ha voglia di sognare.

A Veronica Bencivenga e L’Azzurra Spettacoli va un sentito ringraziamento.

Corrado Parlati

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