Il Teatro Augusteo è uno dei salotti più raffinati ed eleganti di Napoli, nonché una delle location migliori, in termini di acustica, in cui poter assistere a un concerto all’ombra del Vesuvio. Un luogo che profuma di storia e bellezza, che nella serata di ieri Edoardo Bennato ha colorato con il suo rock dalle venature poetiche.

La formazione che accompagna Edoardo spazia dal quartetto d’archi al rock duro e puro, lasciando anche spazio alla musica classica grazie alla presenza del Soprano Maria Chiara Chizzoni, che ha già accompagnato Bennato in diverse occasioni.

È con la versione sinfonica di “Dotti, medici e sapienti”, che vede il Quartetto Flegreo accompagnare il rocker partenopeo, che prende il via un concerto che ripercorre cinquant’anni di straordinaria carriera. In un’Italia sempre più collodiana, gli anziani organizzano dei dibattiti, delle tavole rotonde, proponendo dei rimedi che, talvolta, sono peggiori del male stesso, ed è incredibile come canzoni scritte quarant’anni fa siano quanto mai attuali.

“In fila per tre”, “Fantasia”, “La Fata” — una delle più belle canzoni dell’album, una fotografia di quella che spesso è la condizione della donna nella società e nella famiglia —, “L’isola che non c’è”, con le voci dei presenti che si uniscono in coro a quella del cantante, “Cantautore”: Bennato, accompagnato dalla sua chitarra, si inserisce alla perfezione negli schemi del Quartetto Flegreo di bianco vestito.

Arriva così il momento del suo one man show con chitarra, tamburello a pedale, armonica e kazoo, composto da “Abbi dubbi” — i dubbi, quelli che paradossalmente aumentano con il passare degli anni — “Sono solo canzonette”, “Il gatto e la volpe” e “Arrivano i buoni”.

Entra in scena la band: Gennaro Porcelli e Giuseppe Scarpato alla Batteria, Arduino Lopez al basso, Roberto Perrone alla batteria. L’Augusteo s’infiamma in un turbinio di successi: “Menomale che adesso non c’è Nerone”, “Rinnegato”, “La torre di Babele”, “Il rock di Capitano Uncino”.

Nel bel mezzo di Mangiafuoco il colpo di scena: Roberto Perrone cede le cuffie e le bacchette a Giuseppe Scarpato, che lascia la chitarra per impossessarsi della batteria, mentre il batterista si porta al centro del palco per un assolo alle percussioni.

Edoardo è in forma strepitosa, la band è di livello elevatissimo, e soprattutto ogni musicista, nell’arco dello spettacolo, ha un suo spazio ben definito per mettere in mostra le proprie qualità, per contribuire a rendere il concerto un momento unico e irripetibile, come nel caso di “A Napoli 55 è ‘a musica”, arricchita da echi floydiani provenienti dalla parte seconda di “Another Brick in the wall”.

Siamo a Napoli, si gioca in casa quindi. Per far sì che sia una vera festa, però, non poteva certo mancare un invito speciale per Joe Sarnataro, l’alter ego di Edoardo Bennato. Prima un video, poi la canzone, ma la domanda è sibillina: “sotto Viale Augusto che ci sta?”. Dopo anni e anni, purtroppo, non è possibile dare una risposta. L’unica cosa certa è che quella metropolitana per cui furono effettuati gli scavi, in realtà, non è mai entrata in funzione.

Basta spostarsi di pochi metri per giungere alla casa in cui “è asciuto pazzo ‘o padrone”. “Era ‘o meglio do munno, eppure lo avete fatto andare”, il tutto accompagnato da un video con le sue migliori giocate, perché se la casa in questione è il San Paolo, ‘o Padrone, ovviamente, non può che essere Diego Armando Maradona.

Sul finale non può mancare “Pronti a salpare”, perché il nostro benessere non può prescindere dai problemi delle megalopoli del terzo mondo, mentre “Venderò” ci ricorda che “ogni cosa ha il suo prezzo, ma nessuno saprà quanto costa la mia libertà!”. La conclusione è affidata a “Un giorno credi”. Saranno anche solo canzonette, certo. Ma sono anche momenti di riflessione che, al termine dello spettacolo, ti lasciano un nuovo modo di vedere le cose.

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