Eh ‘Ciano,
te l’avevo detto che per mettere bene a fuoco tutto avrei avuto bisogno di qualche ora, dopo aver lasciato l’obiettivo aperto per una giornata intera.
Campovolo è un qualcosa di diverso da un normale concerto: è l’evento che ti porta a sentirti parte di un’enorme moltitudine che con te condivide la stessa passione. Quella che ti fa stare dodici ore sotto il sole cocente dopo otto ore di pullman per essere parte di un unico, enorme rito collettivo.
Quella che riempie i giorni che precedono il concerto di messaggi con scritto “allora, ci vediamo lì?”, perché tanto mica c’è bisogno di specificare dove, quando ci si incontra a casa propria.
Sono le emozioni che ti crescono dentro ora dopo ora, sviluppando e stampando con cura ogni dettaglio, perché sul momento sono state francamente troppe.
“Adesso dimmi com’è andata? Com’è stato il viaggio di una vita lì con te?” ieri ha trovato la sua spiegazione più chiara. È andata così, that’s life: ognuno, ascoltando quella nota, ha fatto i conti con ricordi, emozioni, paure, gioie, successi, sconfitte, rivincite.
Perché, come più volte hai detto tu, se c’è un concerto che parla per te, quello è Campovolo.
Si torna a ballare sul mondo, dopo aver tenuto conservato il biglietto nel cassetto per quasi tre anni – perché tanto Mario avrebbe riaperto, prima o poi – in quel pezzo di mondo dove erano già successe tante magie.
È una serata emozionante, particolare, lo si percepisce già dal sospiro di Niccolò Bossini, a cui tocca dare il via alla serata con le prime note di “Non cambierei questa vita con nessun’altra”, negli occhi lucidi di Luciano al termine della prima canzone, nelle lacrime che scendono a fiumi su quell’ “abbiamo vinto noi” che assume un valore quasi catartico.
Da lì, una carrellata incredibile di canzoni che fanno parte delle pagine più belle della storia della musica italiana degli ultimi trent’anni: da “Marlon Brando è sempre lui” – brano su cui Luciano si è definitivamente lasciato andare dopo un inizio un po’ teso – a “Luci d’America”, passando per “Tra palco e realtà”, che in termini di intensità ha probabilmente superato “Urlando contro il cielo”, “Questa è la mia vita”, “Il meglio deve ancora venire”. Insomma, nei suoi trent’anni in un giorno ce n’è per tutti i gusti.
Belle anche le incursioni degli amici di una vita, indispensabili per la buona riuscita di una festa: Loredana Bertè ed Elisa mettono ancor più la straordinaria sensibilità della scrittura di Luciano, che riesce perfettamente a immedesimarsi anche nei panni femminili, quasi liturgico De Gregori che si inserisce alla perfezione su “Buonanotte all’Italia”, molto interessante l’esperimento con Gazzelle, che ha dato nuova linfa a uno dei brani più belli del repertorio del Liga. Da sottolineare anche l’omaggio alla musica ribelle con cui Luciano è cresciuto, realizzato con Finardi e i Clan Destino, che ci ricordano che è ora di lasciar da parte le menate e di mettersi a lottare.
Allora, Luciano, non mi resta che dirti grazie, perché finalmente possiamo dirlo: abbiamo vinto noi. E il fatto che tra qualche mese sarà possibile rivederti dal vivo è estremamente confortante, perché certe notti son proprio quel vizio che non voglio smettere, smettere mai.