Francesco Sacco è un cantautore e polistrumentista con base a Milano. Da bambino studia musica classica, da adolescente si appassiona al blues e alla beat generation, poi approccia la musica elettronica, la performance e il sound design: da uno spettro di influenze musicali e artistiche molto vasto nasce un progetto cantautorale eclettico, fatto di incontri fra mondi musicali apparentemente lontani.

Per presentare il suo nuovo singolo – “Fantasmino”, già disponibile su tutte le piattaforme streaming – e ripercorrere la sua carriera, ho scambiato due chiacchiere con lui.

Ogni storia è giusto che venga raccontata dall’inizio: vuoi raccontarci com’è andata la prima volta in cui ti sei esibito davanti a un pubblico?

È passato così tanto tempo che credo di non ricordarla! Probabilmente sarà stato ad un saggio di chitarra classica, che ho studiato dai 7 ai 16 anni.

Di quelle situazioni ricordo principalmente l’ansia: la chitarra classica è fatta di disciplina, precisione e studio, qualità molto diverse da quelle che si spendono nella musica pop. Quindi è stata una vera e propria liberazione scoprire il blues, il rock e il cantautorato e iniziare a suonare cose mie verso i 14 anni. Anche se sicuramente mi porto dietro molto anche della musica classica.

Dal 6 maggio, è disponibile sulle piattaforme streaming e in digital download il nuovo singolo “FANTASMINO”. Qual è la storia dietro questo brano?

“Fantasmino” è l’ultimo singolo che anticipa il nuovo disco. Tutti i brani sono stati scritti pensando all’effetto emotivo di una qualche situazione esterna: il sistema economico e sociale per il singolo precedente “Kabul”, gli effetti del sentirsi invisibili agli occhi di qualcuno nel caso di “Fantasmino”.

Il brano è nato durante una sessione notturna con Luca Pasquino, che mi ha affiancato durante la stesura di molto brani. Abbiamo iniziato un po’ per gioco a cercare di scrivere una canzone sul ghosting, poi sono venute fuori sensazioni vere e importanti, quindi abbiamo iniziato a fare sul serio, e poche ore dopo avevamo la canzone.

Il 20 maggio uscirà “A – Solitudine, Edonismo, Consumo”. Vuoi presentare ai lettori il tuo nuovo album? Com’è nata la scelta di utilizzare tre parole così forti per identificare questo lavoro?

La scelta delle parole del sottotitolo è stata abbastanza organica e naturale, anche se non mi ritengo un buon titolata. Oltre a “A”, che sta ad indicare che questo disco è soltanto la prima parte di un lavoro più ampio, una specie di lato A di un vinile, mi piaceva l’idea di sottolineare i temi di cui parlo nei brani, che riassumono i sentimenti e la condizione nella quale mi sono sentito nell’ultimo periodo.

Veniamo tutti da un periodo che ci ha portati a ridurre drasticamente i nostri rapporti sociali, e stare soli spesso porta ad una ricerca del piacere un po’ compulsiva, logorante. La parola “consumo” poi ha due chiavi di lettura, quella emotiva che dicevo prima e quella materialista, legata al sistema nel quale viviamo, che prima che delle persone vede dei consumatori.

“Ho imparato il Blues da BB King e Aleister Crowley, leggendo sul giornale che anche l’uomo è un animale, governato dal suo assetto ormonale”. Quali sono gli artisti che, nel corso degli anni, hanno maggiormente influenzato il tuo gusto musicale e perché?

Beh, citando “L’Invenzione del Bues” ne hai già citati due: dopo aver lasciato la musica classica scoprire il blues ha completamente svoltato il mio approccio alla musica, mi ha fatto scoprire che si può dire tutto con un alfabeto molto ristretto e con un linguaggio molto ripetitivo.

Crowley invece è di base un esoterista, ma è stato anche un grande poeta e pittore. Il titolo del brano che apre il nuovo disco è una sua citazione, “Ogni uomo e ogni donna è una stella”.

Poi sicuramente nel mio background ci sono molte altre cose: indie rock, cantautorato, elettronica…

Nelle tue canzoni, citi spesso luoghi come Kabul, Nagasaki, San Francisco, Berlino Est. C’è un luogo che ha particolarmente influenzato la tua creatività?

Sì, sono molto legato alle città e ai posti nei quali ho scritto i miei brani. Per il disco precedente era Venezia, città nella quale ho vissuto per qualche mese e che ha visto nascere “La Voce Umana”. Poi sono tornato a Milano, città nella quale vivo da dieci anni, che sicuramente mi ha influenzato a livello di racconto. Ho scritto qui tutto “A – Solitudine, Edonismo, Consumo”. Poi in generale cerco di portarmi dietro un pezzettino di cultura musicale da ogni viaggio che faccio: ho un ricordo incredibile di piazza Jamaa El Fna a Marrakesh, un luogo pieno di musica ad ogni angolo.

Torniamo, in conclusione, a “Fantasmino”: com’è possibile evitare il fenomeno del ghosting in una relazione, secondo Francesco Sacco?

Forse solo scegliendo bene con chi intraprendere una relazione, ma comunque non è detto: le persone possono essere stupefacenti. Nel brano non parlo di me, che non sento di essere stato vittima di ghosting, anche se ovviamente qualche volta mi è capitato, ma di una persona a me molto vicina.

Poi in generale è diventato un espediente per parlare di tutte le storie finite, di tutte le persone che non esistono più nella mia vita, ma che ogni tanto vivono nel ricordo come dei piccoli fantasmi.

Tornando al ghosting credo che un buon punto per evitare di subirlo sia innanzitutto non farlo. Poi che noia quelle relazioni in cui bisogno sempre stupire l’altro o sentire il coltello dalla parte del manico, mi stuferei dopo una settimana!

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