M.E.R.L.O.T., nome d’arte di Manuel Schiavone, è un cantautore nato in Basilicata e trapiantato a Bologna.
Per presentare il nuovo singolo, intitolato “ALIENI”, e raccontare le tappe fondamentali della sua carriera, ho scambiato due chiacchiere con lui.
Da poco hai rilasciato “Alieni”. Qual è la storia dietro il tuo nuovo brano?
Quando ho scritto “ALIENI” ho immaginato un ragazzo che aveva subito una perdita importante, nella canzone ascoltiamo le parole della persona che non c’è più. Dopo averla pubblicata ho scoperto che tante persone le avevano dato un significato completamente diverso. Hanno visto nella mia canzone un mondo fatato dove ognuno è felice.
È davvero interessante vedere come chiunque possa interpretare la stessa canzone in modo diverso.
È vero che l’artista scrive la canzone, ma ognuno può darle un’interpretazione unica, personale. È uno degli aspetti più belli della musica.
Nel 2017 ti sei traferito in Emilia Romagna, una terra che ha donato alla musica italiana artisti straordinari: da Bertoli e Dalla al rock di Liga e Vasco, passando per Pavarotti e tantissimi altri. Quanto ti ha influenzato questo trasferimento da un punto di vista artistico?
Nel 2017 mi sono trasferito a Bologna e questo cambiamento mi ha aiutato molto a livello artistico.
Essendo cresciuto in un paese piccolo come Grassano, nella Basilicata, quando sono arrivato a Bologna ho ricevuto da subito tanti stimoli.
Pur non essendomi propriamente inserito nella scena musicale bolognese, è stata proprio l’aria di questa città ad aiutarmi e a regalarmi tante ispirazioni per la mia musica.
Nel 2020 sei selezionato dalla Commissione Artistica delle Nuove Proposte guidata da Amadeus per la finale di Sanremo Giovani con il brano “Sette Volte”. Che ricordi hai di quell’esperienza?
Quella di Sanremo è stata un’esperienza magnifica, la mia prima esperienza così importante. Sono stato super emozionato e ho vissuto dei momenti bellissimi, indimenticabili.
L’unica cosa che cambierei forse è proprio il brano, a ripensarci adesso che sono passati quasi due anni dico che forse avrei scelto una canzone più malinconica, come è nelle mie corde, rispetto a “Sette Volte”.
Se dovesse ricapitarmi un’occasione simile porterei un brano che sento che mi rappresenta al 100%. Detto ciò, è stata realmente un’esperienza straordinaria. Ho imparato tanto.
“L’importante è non mollare, ma non è colpa mia se mamma mi ha fatto un po’ troppo fragile” canti in “Sparami nel petto”. C’è stato un momento, artisticamente parlando, in cui ti sei sentito così? E, se sì, come si supera?
Ultimamente le mie responsabilità sono aumentate: mi sto concentrando completamente sulla musica e mi sono preso una pausa dall’università (studio ingegneria ambientale). Quindi sicuramente questo è uno di quei periodi in cui forse mi sento un po’ fragile.
Detto questo io non reputo la fragilità un difetto, anzi. Per me una persona che ce la fa è chi ha dei crolli ma riesce a superarli, e nel mio caso quello che mi fa andare sempre avanti, nonostante tutto, è proprio il mio sogno, la mia musica. Io credo che quando c’è un sogno bisogna sempre rincorrerlo anche quando va tutto a puttane (permettetemi di dire questa parolaccia).
Facciamo un ultimo tuffo nel passato: come si è avvicinato Manuel Schiavone al mondo della musica?
Mi sono avvicinato alla musica da quando ero piccolino.
Mio papà suona il basso, e a casa sono sempre stato circondato da strumenti musicali e ho sempre suonicchiato. Da ragazzino ho suonato anche la tromba nella banda del mio paese, Grassano.
Diciamo che in questo modo ho imparato a suonare un po’ di tutto, forse non benissimo, ma sono sempre stato vicino alla musica.
A Manuel Schiavone e Elena di JMG Project va un sentito ringraziamento