Quella di David Bowie e di “The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars” è una delle pagine più importanti e sorprendenti della storia del rock.
Giorno dopo giorno, canzone dopo canzone, andava plasmandosi una nuova cultura, una nuova coscienza, un modo di essere sé stessi estremamente differente rispetto al passato, perché nessuno è stato capace di essere uno, nessuno e centomila al pari di David Bowie.
“Nel weekend sono stato al Friars di Aylesbury, dove ho assistito, insieme alle due ragazze e a una folla madida di sudore, al concerto di David Bowie e degli Spiders from Mars. Si stava bene, la band era affiatata, Ziggy ha suonato la chitarra e anche il fantasma fluttuante dello stendardo di Ziggy ha fatto la sua apparizione.
Gli Spiders sembrano una rock band partorita dalla mente di un surrealista. Trevor Bolder ha un paio di basettoni color argento la cui lunghezza supera di diversi centimetri quella della sua faccia, mentre i capelli arancioni di Woody Woodmansey sono pettinati a coda d’anatra, un’acconciatura di Vidal Sassoon simile a quella di David. La loro vertiginosa performance è terminata con il bis di Suffragette City, durante il quale David si è inginocchiato davanti a Mick Ronson e ha mimato una fellatio mordendo le corde della sua chitarra.
David Bowie raggiungerà presto una fama planetaria”
Charles Shaar Murray, 22 e 29 luglio 1972, New Musical Express (Tratto da “David Bowie – Sono l’uomo delle stelle“)
Qualche giorno fa, abbiamo avuto l’onore di scambiare due chiacchiere con Woody Woodmansey, batterista degli Spiders from Mars.
Com’è stato il tuo primo approccio con la musica? C’è stato un momento in cui hai capito che nella vita avresti voluto fare il musicista?
“Avevo 14 anni, andavo ancora a scuola e stavo cercando di capire cosa avrei voluto fare dopo. Avevo una lista di possibilità: detective, comico, pittore, l’accademia delle belle arti, atleta.
Avevo cancellato tutto sulla lista e non avevo idea di cosa fare. Stavo giocando a calcio con 4 compagni di scuola, ero nel cortile di un amico e suo padre aveva un’attività di riparazione di trattori e mietitrebbie.
Stavamo giocando in mezzo a questi macchinari e, una volta, il pallone ha sorvolato i trattori quando l’ho calciato. I miei amici hanno detto “tu l’hai calciato, tu vai a prenderlo”. Così ho scavalcato tutti i macchinari e attraversato alcune ortiche, alte circa 5 piedi. Ho trovato la palla accanto a una porta di colore argentato, su cui c’erano le parole “The Cave”.
Non avevo mai notato l’edificio prima. Mentre mi chinavo per raccogliere la palla, ho sentito una musica ad alto volume provenire dall’interno e la vibrazione attraverso la porta. Ho pensato che fosse una radio enorme. Ho gridato “Cos’è questo edificio? Riesco a sentire una musica!”. Il mio amico rispose: “Oh, quello è il posto di mio fratello. Lui fa parte di una band Rhythm & Blues e stanno provando”. Chiesi se fosse possibile entrare a vedere. Mi rispose di no, a meno che non avessi un vestito adeguato e… Il seno!
Non capivo davvero, ma dopo due settimane di continue domande mi hanno lasciato entrare per ascoltare una canzone. Non avevo mai visto prima una band dal vivo e l’impatto su di me è stato immenso. Mentre stavo a guardare mi sono detto che avrei voluto far parte di una band e suonare musica.
Ho riunito i miei 4 amici e abbiamo formato un gruppo chiamato The Mutations. Non eravamo un bel gruppo e sembravamo terribili. Sono diventato ossessionato e ho passato tutto il mio tempo ad ascoltare canzoni e a imparare le parti di batteria”
I GIORNI CON DAVID BOWIE AD HADDON HALL, “LIFE ON MARS?” E LA MORTE DI ZIGGY STARDUST
Nel 1970 ti sei trasferito a Londra. Quanto ha influito su di te, da un punto di vista personale e professionale, questo trasferimento?
Mi sono trasferito a Londra dopo che David mi aveva chiamato. Mi disse che Mick Ronson gli aveva detto che sono un grande batterista e che sarei stato perfettamente adatto per la band. Mi disse anche: “Sto realizzando un disco. Puoi vivere a casa mia, lo fa tutta la band, non preoccuparti del cibo o dell’affitto”.
Era la prima volta che registravo musica, avevo deciso di diventare un musicista professionista. David non era molto conosciuto ma mi piaceva: era intelligente, sapeva scrivere canzoni e sembrava che stesse per diventare una star, anche se non era così sicuro di quale direzione avrebbe dovuto prendere.
Abbiamo allestito lo studio come se fosse un concerto. David Bowie ci diede gli accordi, noi abbiamo iniziato a suonarli in una jam session per finire poi con le basi che suonavano bene.
Poi è arrivato David e ha lavorato alle melodie e ai testi. Era la prima volta che dovevo contribuire a creare nuova musica, senza copiare la canzone ed eseguire le parti di qualcun altro.
Vivere nella stessa casa di Haddon Hall significava conoscerci e scambiare idee in qualsiasi momento del giorno e della notte, esercitarci ogni qualvolta ne avessimo avuto voglia. È stata una parte importante per lo sviluppo del sound e dello stile della band. Inoltre è stato divertente: abbiamo lavorato sodo e festeggiato nello stesso modo.
I primi concerti sono stati nei pub del Regno Unito e non sono stati accolti molto bene. Penso che sia stato troppo strano per il pubblico. Alle ragazze piaceva, ma i ragazzi spesso minacciavano di picchiarci, quindi dovevamo chiamare le guardie del corpo perché non eravamo al sicuro.
Con David Bowie hai suonato in Hunky Dory, The Man Who Sold The World, The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars and Aladdin Sane. Se dovessi scegliere una canzone da ognuno di questi album, quale sceglieresti e perchè?
Scegliere una canzone da quegli album sarebbe davvero molto difficile, quindi vi indicherò alcune delle mie preferite.
In Life On Mars era ed è così diverso da qualsiasi altro artista. Penso che sia perfetta in ogni dettaglio: la canzone, la musicalità, il suono, l’arrangiamento, il mix, la voce. Altri brani sono “Five Years”, per l’atmosfera da fine del mondo che crea; “Moonage Daydream” (da The Rise and Fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars, ndr) perché abbiamo provato a suonare quella canzone come se fossimo una rock band del futuro, e penso che ci siamo riusciti; e Jean Genie è così semplice, spacca e suona di nuovo futuristica.
Da “The Man who sold the World” scelgo “Saviour Machine”: è una grande canzone, il sound è pazzesco e il concetto è più rilevante oggi poiché ci stiamo avvicinando pericolosamente all’intelligenza artificiale.
Mi piace “Panic in Detroit” di Aladdin Sane. Ha un suono primitivo e futuristico.
Credo che la storia di Ziggy sia finita per il semplice motivo che David ha ucciso Ziggy prima che Ziggy Stardust uccidesse Bowie.
Oggi sei il batterista degli “Holy Holy”. Quali sono i progetti futuri della band?
“Holy Holy” continuerà ad andare in tour finché i fan vorranno ascoltare quelle fantastiche canzoni suonate con lo stesso spirito che avevano originariamente. I fan di Bowie sono fantastici e sanno quando qualcosa è buono e genuino.’
A David Bowie abbiamo dedicato anche un approfondimento sul periodo berlinese con Iggy Pop e uno sui suoi acidi anni ’90.
A Mick “Woody” Woodmansey va un sentito ringraziamento da parte della redazione di MentiSommerse.it
Intervista a cura di Corrado Parlati