Chiudiamo la settimana sanremese di pagelle inesperte con il pagellone di tutta l’edizione: da zero a dieci, dal peggio al meglio di un Sanremo che sicuramente non dimenticheremo.
VOTO 0
Regia e fonici – Ma com’è possibile fare un disastro dietro l’altro così? Audio troppo basso, audio fuori sync, microfoni spenti, volumi dell’orchestra sballati, ma anche inquadrature incomprensibili, momenti topici bucati… Hanno rovinato tantissime esibizioni impedendoci di godercele come si deve. L’apice è stato giovedì, ma ci sono stati problemi tutte le sere. MAMMA RAI.
VOTO 1
La scaletta – Il problema non è neanche tanto l’orario di fine delle puntate: io ormai lo so come va Sanremo, in quella settimana sono completamente ostaggio della Rai, rimarrei sveglio anche fino alle quattro, va bene così. Il problema sono tutti quei momenti evitabilissimi che hanno allungato il brodo quando non era necessario: la banda della Polizia, Il Volo, Gigi D’Alessio con i suoi figli trapper, il monologo della Palombelli, il trio Vallesi-Zarrillo-Fogli alle 2… Però non toccatemi Fiore: potrei stare anche due ore a vederlo ricevere telefonate e salutare i suoi amici in diretta. SONNO.
VOTO 2
Barbara Palombelli – Passi l’inadeguatezza totale al ruolo di co-conduttrice del Festival, passi la pronuncia sbagliata di quasi tutti i cantanti presentati, non posso far finta di niente sul monologo di mezzanotte. Soporifero, sconclusionato, narcisista a livelli imbarazzanti e soprattutto riempito di retorica sulle “donne vere”. “Voi, ragazze, i diritti li avete trovati già fatti, noi li abbiamo dovuti costruire”: faccio una fatica enorme anche solo a commentare. E glisserei pure su Tenco morto perché “giocava con la pistola cercando emozioni perché negli anni ’60 non c’erano le droghe”. TERRIFICANTE.
VOTO 3
Francesco Renga – L’unico cantante, esclusi i vincitori, a cantare due volte in una serata: venerdì c’è qualche problema tecnico (ma va?) nella prima parte dell’esibizione, poi recupera e finisce, ma Amadeus gliela fa ripetere poco dopo. Ecco, ne avremmo fatto volentieri a meno: la canzone è parecchio brutta, e temo che tormenterà i miei incubi per parecchio tempo. Anzi, per “sèmpreeeeeeeeeeeee”. BASTA.
Gio Evan – Se ti distrai un attimo quando lo annunciano e magari lo inquadrano da lontano, temi sia di nuovo Renga, almeno tricologicamente. Poi capisci che è Gio Evan, ed è anche peggio. La sua canzone è il nulla assoluto, come la voce, e il modo in cui si pone sul palco mi lascia ogni volta più perplesso. Poi gli outfit: chi vi scrive ama le scelte stilistiche coraggiose eh, ma citando Willie Peyote: “non dico il buongusto ma almeno il buonsenso”. Da quel punto di vista almeno l’ultima sera si salva, grazie. In generale, sembra un Pokemon, ma di quelli senza nessuna mossa utile. MAGIKARP.
VOTO 4
La giuria demoscopica – Ogni anno la stessa storia. Vorrei però almeno capire con chi me la sto prendendo: questa entità mistica di 300 “abituali fruitori di musica” che mi lascia ogni volta senza parole. Sarebbe davvero bello poterli incontrare, capire chi sono e come ragionano per aver messo Madame al ventesimo posto, Colapesce e Dimartino al diciassettesimo, i Maneskin al quindicesimo, Willie Peyote al decimo e soprattutto Orietta dietro a Gio Evan. AMPLIFON.
VOTO 5
Annalisa, Arisa, Max Gazzè, Noemi – Ovvero: quelli ormai abituati a stare sul palco dell’Ariston. Non che avessi grandi aspettative, ma le loro canzoni sono davvero banali, stufano già al secondo ascolto e tra tre giorni le abbiamo dimenticate tutte. È la classica scelta che ti può portare in posizioni alte al Festival, ma la cosa probabilmente muore lì: le carte in regola per osare di più le avrebbero, ma sai che rischio? Alcuni di loro vengono scongelati solo ogni 2-3 anni per Sanremo, che figura ci fanno se poi si ritrovano in fondo alla classifica accanto a Gio Evan e Random? FREEZER.
VOTO 6
Zlatan Ibrahimovic – Allora, non so chi abbia scritto le battute di questa gag dell’Ibra “bulletto” da portare avanti tutta la settimana, ma per me era già abbastanza dopo i primi 30 secondi. Eppure, inspiegabilmente, alla fine a me Zlatan è piaciuto: i momenti divertenti sono però stati quelli fuori da quella gag, improvvisati. All’inizio impacciato come mai è stato su un campo da calcio, poi si è ambientato e tra Sanremo e San Siro non c’era più così tanta differenza. TITOLARE.
Ermal Meta – Per lui, in realtà, vale in parte lo stesso discorso fatto per Arisa & co: “Potevi fare di più”, citando proprio lei. La differenza è che il brano è un filino superiore, quel tanto che basta per prendersi la sufficienza, senza fare nulla di clamoroso. Resta comunque inspiegabile la sua posizione finale in classifica così in alto. BOH.
VOTO 7
Fulminacci, La Rappresentante di Lista, Coma_Cose – Ovvero: quelli in grande crescita durante le serate. Per tutti un inizio forse un po’ timido, poi una grande ripresa. E una canzone che, a differenza di altre, ci mette 2-3 ascolti ad ingranare, ma quando lo fa non esce più dalla testa. Per Fulminacci e LRDL anche una grande serata cover, mentre per i Coma_Cose quel qualcosa in più è dato dalla chimica che c’è tra loro due: t’innamori solo vedendoli cantare. REMUNTADA.
Irama – Fosse riuscito a vincere Sanremo in DAD il voto sarebbe stato 10 per l’epicità dell’impresa. È estremamente sfigato perché il brano è figo, san Dardust gli ha dato quel tocco che lo renderà un tormentone quest’estate, e avrebbe potuto godersela un sacco salendo sul palco. Menzione speciale per la musicista dell’orchestra con la maglia fluo che si nota a chilometri ogni volta che mandano in onda il video delle prove di Irama. SMART-WORKING.
Lo Stato Sociale – Come sempre, puntano tutto sulle performance, che sono fighissime e divertenti, tra illusionismo e trasformismo. Ma la canzone non è da meno, in realtà: ritornello facile da ricordare, ritmo che fa ballare, e qualche passaggio graffiante nel testo. Poi vabbè, da fan dello Stato Sociale so che o li ami o li odi: resteremo incompresi, eh vabbè. REGAZ.
VOTO 8
Colapesce e Dimartino – Il loro pezzo probabilmente è quello che resterà più di tutti: nei prossimi mesi di sicuro, ma chissà che non diventi un classico, con gli anni… Leggerissimo, come da titolo, ma davvero impossibile da togliere dalla testa. Loro due poi sono stati un crescendo continuo: un po’ bloccati la prima sera, poi sempre meglio, fino all’esibizione più bella, quella dell’ultima serata, in cui hanno dato il massimo, divertendosi e facendo divertire noi. LEGGERISSIMI.
Willie Peyote – Cinque giorni e il suo pezzo è già un tormentone. Tiene il palco alla grande, il rapper elegante che nel suo pezzo ce l’ha con tutti, ma con grande stile. Folle che sia rimasto fuori dalla top 3. LOCURA.
Orietta Berti – Alla sua prima esibizione le ho dato un 10 simbolico, ma stavolta il voto è tutto vero. Perché la canzone alla fine non è male (ok, suuuuper sanremese, ma nel suo caso ci sta) e perché lei non sbaglia un colpo. Ma soprattutto per il suo modo di essere, la sua educazione: sale sul palco e saluta tutti, finisce di esibirsi e ringrazia tutti, è pure andata nel camerino dei Maneskin a scusarsi per la gaffe sul nome. NONNA.
Maneskin – Vanno dritti per la loro strada prendendo a schiaffi tutti senza fare una piega, con un pezzo che funziona benissimo e una presenza sul palco notevole. L’esibizione con Manuel Agnelli nella serata delle cover è una chicca, mentre in finale si scatenano, con un outfit che avrà fatto impazzire una certa fetta “conservatrice” di telespettatori (che subito dopo hanno visto arrivare pure Achille Lauro, la magia della scaletta). Forse non erano i migliori, ma sicuramente tra quelli che ambivano con diritto alla vittoria: hanno un bel futuro davanti. CHOSEN.
VOTO 9
Matilda De Angelis e Elodie – Diverse tra loro, ma entrambe praticamente perfette co-conduttrici: preparate, competenti, simpatiche. Matilda sembrava avesse condotto il Festival da tutta la vita, assolutamente a suo agio, e sembra davvero saper fare tutto, tant’è che quando ho capito che sarebbe rimasta solo una sera ero disperato. Elodie invece se la cava più che bene nella parte istituzionale, ma dà il meglio di sé ovviamente cantando: sia quando propone uno show tipo intervallo del SuperBowl, sia quando canta Mina in una versione intima ed emozionante. DIVINE.
Achille Lauro – È stato Arte pura. Per me resta meravigliosamente inarrivabile: cinque quadri bellissimi con cui è riuscito nuovamente a prendersi Sanremo. L’ultimo mi ha emozionato particolarmente: la rosa che trafigge il petto, sanguinante, con in sottofondo gli insulti che ha ricevuto negli ultimi due anni. Grazie. “Dio benedica solo noi, esseri umani”. LAURO.
Madame – La mia vincitrice. Canzone meravigliosa, voce stupenda, unica nel panorama italiano in questo momento. Una ragazza giovanissima, che era non solo alla prima esperienza all’Ariston, ma a una delle prime esperienze in diretta tv in carriera, è riuscita ad essere estremamente a suo agio, comodamente sé stessa. L’unica persona al mondo capace di essere elegante scalza su un palco. L’esibizione di sabato è letteralmente da brividi. VOCE.
VOTO 10
Amadeus e Fiorello – Potrebbe anche essere la sindrome di Stoccolma che parla, ma per me i migliori di questo Festival sono loro. Stiamo dando per scontato una cosa che invece scontata non è: fare Sanremo in queste condizioni di emergenza sanitaria, con questo protocollo e con un muro di poltrone rosse vuote davanti a te è difficilissimo. Nessuno ride, nessuno applaude, nessuno fischia, nessuno reagisce. Eppure, ci sono riusciti alla grande. Ama è un eccellente direttore artistico e un conduttore eccezionale, Fiore è uno showman fuoriclasse assoluto. Insieme fanno un mix stranissimo ma vincente, si completano a vicenda. Hanno annunciato che non ci saranno l’anno prossimo e prendere il loro posto non sarà facile per niente. L’unico che ci può riuscire senza far fare passi indietro al Festival è il nome che sta circolando in queste ore: Alessandro Cattelan. E sarebbe una rivoluzione. HOLLY & BENJI.
Alessandro Bazzanella