Mettere mano a “Natale in casa Cupiello” è un’impresa ardua, ma stavolta è riuscita alla grande.
Edoardo De Angelis, regista di enorme sensibilità, ha tirato fuori il meglio da ogni singolo attore, riuscendo a creare il giusto equilibrio tra un testo teatrale e la sua trasposizione cinematografica, più vicina al dramma che alla commedia. Perché, al netto dell’ironia di alcuni momenti, Natale in casa Cupiello è una storia di sofferenze, dolore, povertà, separazioni e unioni. È una storia che, per l’occasione, è stata ambientata in un periodo a cavallo tra la guerra e la rinascita, che portò la middle class ad affacciarsi sul benessere.
Sergio Castellitto ha avuto il coraggio di misurarsi con Luca Cupiello, figura con la quale, in passato, non ha osato nemmeno un gigante come Massimo Ranieri, donandogli sfumature diverse, più stizzite e a tratti arrabbiate dell’originale. Non imitando (per quello, se preferite, ci sono tantissime compagnie amatoriali più o meno grandi con bravissimi e rispettabilissimi attori), ma rendendo un omaggio sincero e rispettoso.
Cupiello è un personaggio indissolubilmente legato a colui che gli ha donato la vita sul palcoscenico, inserito nel contesto di un macrotesto che affonda le sue radici nella cultura popolare partenopea come forse nessun altro testo eduardiano e che porta con sé, inevitabilmente, anche i ricordi a esso legati di ogni spettatore.
Perché, va detto, Eduardo ha segnato il modo di pensare e di parlare della sua città (non ce ne voglia il Maestro De Simone, che in questo articolo ha ferocemente criticato il teatro di De Filippo, a cui replicò Piovani qui), con espressioni che sono poi diventate parte della vulgata partenopea, come la celeberrima “Adda passa’ ‘a nuttata” di Napoli Milionaria o “Questo Natale si è presentato come comanda Iddio”. Sono espressioni che chiunque ha sentito pronunciare centinaia di volte.
Quelle di Eduardo sono opere intorno alle quali si è creato un alone di sacralità, un velo di Maya che deve essere superato per far sì che possano essere tramandate di
generazione in generazione e raggiungere l’eternità.
Belle anche le interpretazioni di Marina Confalone, che con Eduardo ha esordito a teatro e ora veste i panni della tormentata Concetta che fu prima di Titina De Filippo e poi di Pupella Maggio; Pina Turco, delicata Ninuccia, molto vicina anche nell’aspetto a Lina Sastri, ed Adriano Pantaleo, un Tommasino più malinconico che, però, non perde la sua vena ironica, Tony Laudadio e Antonio Milo, nei panni rispettivamente di zio Pasquale e Nicola Percuoco.
A suggellare il tutto, la colonna sonora di Enzo Avitabile, una carezza che ha reso ancor più emozionante il tutto.
‘A vita nasce d’ a vita. Oggi, dimane e semp’.
Corrado Parlati