Ligabue è pronto a tornare: il prossimo 4 dicembre, infatti, sarà protagonista di una doppia uscita discografica con un nuovo album di inediti e una raccolta contenente i 77 singoli usciti nel corso dei trent’anni di carriera.
Collegato dal suo studio di registrazione, Ligabue ha presentato alla stampa il suo nuovo lavoro.
Ecco il resoconto della conferenza stampa:
L’IMPORTANZA DEL NUMERO 7
Un paio d’anni dopo l’uscita di Buon Compleanno Elvis, ci furono due lettere di due numerologhe che mi volevano far sapere che io sarei un sette che cammina. Io non mi sono mai interessato di numerologia, il motivo sarebbe che il mio nome, Luciano, è composto di 7 lettere, il mio cognome, Ligabue, è composto di 7 lettere.
San Luciano è il 7 di gennaio, le mie iniziali sono due “L” e rovesciate sono due 7.
Il mio primo concerto è stato nel 1987, il mio primo stadio è stato nel 1997, la mia traccia più popolare è in “Buon compleanno, Elvis” certe notti e neanche a farlo apposta la traccia numero 7. Io ancora non sapevo di queste coincidenze, poi unitamente queste ce n’erano un’altra decina.
Da allora, un po’ per gioco, un po’ l’ho usato come pretesto, tipo le “Sette notti in Arena”, il tour L7.
Quindi, un po’ per pretesto, un po’ anche il fatto che, visto che me l’ha fatto notare, perché inimicarsi le stelle? Quindi intanto incrociamo le dita e speriamo che ci porti bene, e in questa chiusura del cerchio del trentennale, anche questa amicizia con questo numero trova gioco per l’appunto sia con un disco di inediti sia con “77+7”.
IL RUOLO DELLE CANZONI
“Tra le canzoni che ho scritto ce ne sono alcune a cui accosto l’aggettivo “utile”, che è un aggettivo piuttosto triste se affiancato a una canzone. Io non la vedo così, perché ce ne sono alcune che hanno avuto una funzione di aiutare e riuscire a trasferire conforto in momenti difficili in alcune persone.
È una cosa che in genere mi inorgoglisce, perché è semplicemente la condivisione di quello che prova un essere umano, cioè io, che fa capire che quando si soffre, ci si sente soli, e quando si sente che un po’ tutti passiamo attraverso certi passaggi, e che sono per l’appunto passaggi, cioè prima o poi le cose cambieranno, quello già diventa un passaggio che ci permette di andare avanti.
Niente paura, in questo momento, è quasi fin troppo sfacciato come proclamo, perché dobbiamo quantomeno essere preoccupati. Dobbiamo essere capaci di gestire questa emergenza, di stare dove dobbiamo stare tenendo botta, cercando di non beccare il virus e soprattutto di non contagiarlo a chi è ancora più a rischio di noi.
Resta che dobbiamo riuscire a non avere paura più di tanto, perché rischiamo di avere paura anche del futuro, dei problemi che sono legati all’economia, del fatto che questo virus non passi più. Non siamo in grado di muovere quelle cose, siamo spettatori, dobbiamo incrociare le dita e riuscire a pensare positivo, perché non c’è niente che precluda il fatto che, come nel dopoguerra, ci possa essere una ricostruzione. Possiamo sperarlo, se non altro”
“SI DICE CHE” E LA LINEA DI BASSO DI GHEZZI
“Io sono tuttora arrabbiato, spesso e malvolentieri, e ‘Si dice che’, per l’appunto, è una sequenza di frasi fatte dette da chi pensa tutto e il contrario di tutto. Quindi molte di queste non mi vedono assolutamente d’accordo, anzi mi oppongo assolutamente fatto che la pelle venga liscia venga solo dopo la rassegnazione, anzi penso che dopo la rassegnazione vengono invece i peggiori problemi.
Questa canzone si basava su un nocciolo musicale molto diverso, ma la linea di basso dettava l’andamento della canzone. Abbiamo provato a rifare la canzone da capo, ma non abbiamo mai trovato, con i vari bassisti, quello stesso piglio che aveva la linea di basso in quel vecchio provino. Non riuscivamo a risalire a chi l’avesse suonata.
Dopo la registrazione di “La ragazza dei tuoi sogni” in Arena a Campovolo, andammo a cena, Luciano Ghezzi (bassista dei Clan Destino, prima band di Ligabue, ndr) mi confermò che era la sua. Pochi giorni dopo se n’è andato. A maggior ragione, una roba che già dettava legge di suo, a questo punto diventa veramente un omaggio che mi sento di fare, per tenere viva ancora la sua voce, in un pezzo che è pieno sia di energia sia di ironia, proprio come lui”.
SETTE, IL NUOVO ALBUM DI LIGABUE CANZONE PER CANZONE
“La ragazza dei tuoi sogni” era una demo portata avanti, non mi aveva mai convinto il testo scritto in passato, avevo anche problemi con la produzione. Sono riuscito a trovare una chiave col testo, sono altrettanto riuscito a trovare qualcosa che mi soddisfacesse dal punto di vista sonoro ed è venuta fuori”.
“Mi ci pulisco il cuore” ho preso il titolo, che è sufficientemente sfacciato e divertente, e da lì sono partito con una canzone che ha un ritornello che mi sembra abbia la sua attualità.
“Un minuto fa“: in Buon compleanno Elvis, se si ascolta “Leggero”, si fa menzione a una certa Key. C’è una canzone che non è finita in “Buon compleanno, Elvis” che è “Key è stata qui”: presi il testo di quella canzone, scrissi un’altra musica e la pubblicai in “Miss mondo”. La musica di quella “Key è stata qui” che avrebbe dovuto essere in “Buon compleanno, Elvis” è quella su cui ho scritto il testo di un minuto fa, e l’ho realizzata con “La banda”.
Poi c’è “Essere umano“: siamo su una vecchia demo su cui ho riscritto il testo e ho aggiornato il suono . Credo sia quella con il suono più attualizzato di tutte.
“Oggi ho perso le chiavi di casa” parte proprio da questa frase: mi succedeva proprio così. È una metafora per dire che ogni tanto ognuno perde sè stesso e c’è sempre un modo per ritrovarsi.
Poi c’è la storia di “Volente o nolente“. Quindici anni fa, scrissi “Gli ostacoli del cuore”. Per la prima volta, dopo quindici anni che facevo questo mestiere, mi venne voglia di pensarla non cantata da me, ma da un altro. Chiamai Elisa, le dissi di avere una canzone che potesse avere a che fare con lei. Come paracadute, preparai anche il provino di “Volente o nolente”.
In un pomeriggio, nel mio studio, quindici anni fa, registrammo le demo di questi due brani. Una volta aperto il cassetto, mi sono ritrovato questa canzone di quindici anni fa e ho scoperto che parla di due persone costrette a stare separate l’una dall’altra e si lanciano una serie di desideri, alcuni dei quali ingenui, candidi, al punto che rivelano un forte bisogno di saper sperare.
Mi sembrava che questa cosa c’entrasse con il nostro periodo e quei desideri così candidi, sentiti da Elisa con quella performance di quindici anni fa, piena di candore, mi sembravano credibili. Per cui ho preso la performance di quindici anni fa e insieme a Barbacci abbiamo costruito la canzone intorno ad essa.
LA VOLTA IN CUI HA PENSATO DI SMETTERE
“Nel 1999 avevo meditato di smettere. Non ero preparato a quella mole di successo, non ero pronto ad essere raccontato dagli altri come non ero, ma una vocina mi diceva ‘se smetti, come fai a non fare concerti?’. Ho sempre tenuto botta e sono qui ancora oggi.
Corrado Parlati