Toccare un brano storico, spogliarlo per cucirgli addosso un abito totalmente nuovo (e magari fargli anche qualche tatuaggio), è un rischio enorme. “Buongiorno”, il nuovo album di Gigi D’Alessio (qui su Spotify), invece, è una scommessa vinta e, soprattutto, è uno dei migliori prodotti Made in Naples degli ultimi tempi.
Sono brani radicati nella storia musicale della sirena Partenope e ne delineano sentimenti, stati d’animo e conflitti sociali in maniera verace, che suonano come se fossero usciti realmente pochi giorni fa: non c’è nulla di anacronistico, né nei testi, né tanto meno nelle sonorità, sapientemente riarrangiate dallo stesso D’Alessio con il produttore Max D’Ambra.
Non c’è nemmeno il rischio di voler sembrare un eterno ragazzo: è la nuova generazione napoletana, che a pane e Gigi è cresciuta, a entrare nelle sue melodie.
Il disco si apre con la versione 2020 di “Buongiorno”, che vede riunita l’intera equipe intorno al suo capitano, proprio come in copertina.
La canzone sembra quasi assumere il valore di una dichiarazione d’intenti: “tutt’ ‘e napulitane, vulimmece cchiù bene…”, perché una delle magie realizzate da D’Alessio con questo album è stata quella di aver messo insieme un nutrito numero di artisti di generazioni diverse, provenienti da ambienti artistici diversi e con carriere diverse. E questa, per chi conosce l’ambiente artistico-musicale napoletano, è già una notizia.
Ci sono Franco Ricciardi, che della fusion tra la musica napoletana classica e le sonorità hip hop è stato il precursore; Clementino e Rocco Hunt, che hanno portato il rap made in Naples in vetta alle classifiche nazionali e danno nuova vita a “Como suena el corazon” e “Chiove”.
Non mancano emergenti come Lele Blade, Geolier, vero astro nascente che affianca Gigi in “Comme si femmena” e “Comme si fragile”, l’energico Enzo Dong, che insegue la “Guagliuncè” che rende più belle le strade di Napoli, Vale Lambo, innamorato dal cuore infranto rimasto a guardare da solo le vetrine dei negozi nel giorno di San Valentino, Samurai Jay con le sue “Fotomodelle un po’ povere” al tempo di Instagram, e MV Killa, che con la sua “Cumpagna mia” è tra le presenze più positive del disco.
La vera sorpresa, però, è rappresentata da “Di notte”, che Gigi ha cantato con il figlio Luca: un duetto intenso, emozionante, che si rivela la traccia migliore sia dal punto di vista strumentale, sia per quel che riguarda il cantato.
Stona un po’ la presenza di J-Ax su “Annarè”, che nel repertorio D’Alessiano è una delle intoccabili per eccellenza e, probabilmente, sarebbe stata maggiormente valorizzata da una collaborazione diversa, mentre se la cavano meglio i Boomdabash sulle note di “Mon Amour”.
Ai quindici brani storici, poi, si aggiunge l’inedito “Vint’ anne fa“, una struggente storia d’amore e gelosia che Gigi condivide con Lele Blade, molto vicino per stile e sonorità al resto delle canzoni.
Insomma, sembra quasi essere tornati a cavallo tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio dei duemila quando, passeggiando tra i vicoli, era estremamente facile imbattersi in una delle melodie d’alessiane, quando ancora non esistevano YouTube e Spotify, e la musica si ascoltava su CD o con i primi file audio che si scambiavano gli amici tramite Bluetooth.
Ieri con una cassetta registrata appositamente per regalarla all’amica del cuore o a una delle guagliuncè come quella della canzone, oggi con una playlist da condividere su WhatsApp: Gigi unisce almeno tre generazioni, prendendosi l’ennesima rivincita su chi, negli anni, ha cercato di sminuirne il valore artistico etichettandolo come neomelodico.