Scrivere di Achille Lauro è e deve essere difficile: si parla di un artista che in sei anni ha pubblicato altrettanti album, ciascuno con sonorità diverse e ciascuno migliore dell’altro.
Da quando per la prima volta ha calcato il palco di Sanremo portando Rolls Royce, il grande pubblico è stato costretto a puntare gli occhi su questa stella pop-punk che è decisa a sconvolgere la musica italiana.
Con l’uscita di 1990 , nuovo disco che tributa con cover e brani originali la musica dance e le sue sonorità, la strada iniziata con 1969 è proseguita senza perdere né in originalità né in efficacia.
1990: Tra cover dance e originali
Achille Lauro inizia con una cover di sé stesso, dato che ripropone uno dei suoi ultimi singoli, 1990, in versione Back to dance.
Le altre sette tracce sono tutte collaborazioni; nel riproporre i classici dance anni ’90, Lauro si accompagna a vari artisti italiani che spaziano dal rap alla musica melodica.
Scat Men, rifacimento di Scatman di Scatman John, vede il featuring di Ghali e Gemitaiz, ed è proprio dalla strofa del secondo che arriva una delle quartine più belle dell’album:
Baby, non ci dare retta/ Siamo impazziti in fretta/ Con lo studio in cameretta/ Con i sogni e mal di testa
Riproporre Sweet Dreams poteva sembrare eretico; brano degli Eurythmics e già rifatto in maniera straordinaria da Marylin Manson, questo pilastro era un mostro sacro quasi intoccabile. Achille Lauro l’ha toccato e, tanto per cambiare, non gli si può dire nulla. Testo riscritto, autotune, cassa in quarti dance, ritornello a cura di Annalisa e il pezzo sembra cantato per la prima volta, dominato dai riferimenti alla dissolutezza e alla ricchezza, ma anche incentrato su un amore tormentato alla C’est la vie.
Capo Plaza collabora in You and me, cover di Me and you di Alexia, di cui è stato campionato il ritornello, mentre per Summer’s imagine (rielaborazione di The summer is magic) l’ospite è nientemeno che Massimo Pericolo, altra icona trap-punk destinato a brillare fulgido nei cieli della musica moderna così come a dividere le masse tra chi lo ama e chi lo odia.
Il disco arriva poi a termine con Blu, una versione quasi malinconica del tormentone degli Eiffel 65, e I wanna be an illusion, remake di Illusion di Benny Benassi.
Nonostante il divorzio con Boss Doms in sede di produzione, Achille Lauro non perde le sonorità che lo hanno reso unico e così eclettico rispetto al resto della scena. 1990 è un disco di cover solo a livello di credits; in realtà Achille Lauro ha rilasciato un disco straordinario in cui non rinnega la propria poetica e usa le canzoni che ha deciso di riproporre per veicolare il suo stile e i suoi messaggi.
L’evoluzione continua.
Come Bowie
Evitare paragoni scomodi nel caso di un artista come Achille Lauro sarebbe come nascondersi dietro a un dito.
Un artista che parla esplicitamente di stupefacenti, dichiara di sentirsi donna e di essere “Reginetta del Punk, Re del Rock, Stella del Pop” (da Instagram) non può non essere accostato a grandi figure della musica senza timore di esagerazioni né blasfemia. D’altronde, le accuse di blasfemia probabilmente non fanno che confermargli di aver centrato l’obbiettivo.
E dunque, è impossibile non costruire un parallelismo tra 1990 e le quattordici tracce di Pin Ups di David Bowie.
Figlio del periodo glam dell’artista londinese, anche il disco del 1973 è una raccolta di remakes che tributa le origini musicali del Duca Bianco e contribuisce a costruire la figura dirompente di Ziggy Stardust, l’eroe di The rise and fall of Ziggy Stardust and the Spiders from Mars (1972), Aladdin Sane (1973) e, in seguito, di Diamond Dogs (1974).
Anche le cover di Bowie sono all’insegna dell’eclettismo e della volontà di dividere le folle attraverso proposte anticonvenzionali, di rottura e scabrose rispetto ad un immaginario che solo in quegli anni iniziava ad accogliere concetti come bisessualità, demolizione del modello machista maschile e libertà di fare ed essere del proprio corpo.
Come il suo illustre predecessore, Achille Lauro demolisce attraverso la sua musica, le sue dichiarazioni e il suo modo di stare sul palco un immaginario borghese (o re-imborghesito), snudandone la vena bigotta e beffandosene.
E, come Bowie, lo fa producendo musica straordinaria.
Stelle cadenti e comete
Che la musica di Lauro sopravvivrà al tempo è praticamente certo: relativamente incompreso oggi, un domani ci si renderà conto della sua grandezza o, quantomeno, dell’importanza del contributo che la sua visione porta alla contemporaneità (musicale e non).
Quanto durerà il fenomeno Achille Lauro a livello discografico, invece, è un interrogativo che è interessante porsi.
Auspicando che i parallelismi con figure geniali e sregolate come Syd Barrett, Jim Morrison, Kurt Cobain e lo stesso David Bowie si fermino al lavoro in studio, in ogni caso una figura così originale, evolutasi così in fretta ed arrivata ad essere unica con 1969 e 1990 potrebbe essere all’alba di un’epopea magnifica tanto quanto avere il crepuscolo dietro l’angolo.
Che sia stella cadente, splendente quanto fugace, o una cometa, rara, ma longeva, la musica di Achille Lauro è un evento da attendere ed ammirare; 1990 è l’ultima apparizione di questo astro magnifico.