Caterina Cropelli ha da poche settimane pubblicato “Caterina”, il suo disco d’esordio (disponibile qui).
Un lavoro ricco di sfumature molto diverse tra loro, fatto di parole e ricerca, che fotografano il percorso dell’artista che, dopo aver iniziato da autodidatta, ha preso parte nel 2016 a X Factor nella categoria under donne nel team di Fedez.
Oggi, la cantante trentina ha accettato di rispondere a qualche domanda ai nostri microfoni,
L’intervista a Caterina Cropelli
Chi è Caterina Cropelli e come si è avvicinata al mondo della musica? C’è un momento in cui hai capito che avresti voluto cantare nella vita?
Definire chi sia Caterina è un po’ difficile, ogni giorno ne scopro una nuova quindi sarebbe troppo lunga da raccontare. Sin da piccola, però, sono sempre stata attirata da questo rifugio meraviglioso che è la musica: ecco una cosa che non è mutata nel tempo.
Quando si è piccoli si sogna di fare i lavori più belli del mondo: la ballerina, l’astronauta, io volevo fare la cantante. Lo dico da sempre, anche se detto da una bambina faceva un po’ ridere gli adulti, così ho smesso di dirlo e ho cominciato a farlo.
Nel 2016 hai partecipato a X Factor. C’è un momento in particolare della tua esperienza che vuoi raccontare ai nostri lettori?
L’esperienza di X Factor è stata molto forte su tutti i fronti. Ho avuto modo di poter cantare sullo stesso palco con grandissimi artisti e di potermi confrontare con molti talenti.
Dopo il programma ho capito che avrei voluto e potuto scrivere qualcosa di mio. Per me questa è stata una grande sveglia. È stato come vivere tre anni in uno.
Ricordi il tuo primo incontro con Fedez?
Il primo incontro è stato alle audizioni per il programma. Io portai “Summertime Sadness” di Lana Del Ray, un brano a cui ero molto legata, e ricordo che lui si emozionò molto. Ricordo bene quel giorno e quanto fosse stato emozionante anche per me.
In “Cemento” parli della necessità di abbattere i muri, non solo quelli fisici. In un mondo in cui le relazioni sono sempre più virtuali e labili, quanto sono importanti il confronto, per costruire un ponte con l’altro e lo stare bene con sé stessi?
Credo che il giudizio sia la rovina della nostra società. È un vero peccato che una cosa prima di toccarci nel profondo debba essere vissuta, per riuscire ad essere condivisa. Bisogna sapersi mettere nei panni delle altre persone, e non farne una colpa a chi non riesce a vedere al di là del proprio naso.
“Non ci serve un pretesto per essere fuori posto/ Tanto poi al tuo posto non ci sei mai”. Come nasce O2? Qual è stata la fonte d’ispirazione per questo brano?
L’ispirazione è arrivata una sera, in una mansarda dove mi trovavo con la mia chitarra per provare a scrivere un po’.
Con O2 volevo immaginarmi di poter scappare dai miei problemi e lasciarli in aeroporto. Chiaramente non si può, così il messaggio che volevo passare è proprio quello di fare pace con noi stessi, perché sentirsi a disagio, alle volte, è normale e va bene così.
Quali sono stati gli artisti che ti hanno maggiormente ispirato dal punto di vista umano e professionale e perché?
Ho avuto modo di conoscere grandi artisti, anche durante le aperture dei loro concerti, e ognuno mi ha lasciato qualcosa di utile per la mia crescita artistica e personale.
Tra questi un’artista che ammiro moltissimo è sicuramente Cristina Donà. Mi piace quando tutto è spontaneo e sincero e lei è così. Sicuramente è un grande esempio.
A Caterina Samero del team di Letizia D’Amato SRL va un sentito ringraziamento da parte della redazione di MentiSommerse.it
Intervista a cura di Corrado Parlati