Andrea Sannino: “Cantare vuol dire sperare, sconfiggere la paura con la musica” [INTERVISTA]
È così che lo scugnizzo di Vico Santa Rosa si è conquistato le pagine dei più importanti quotidiani internazionali come El Pais (qui), The Guardian (qui), Marca (qui), OuestFrance (qui).
Oggi, noi di MentiSommerse.it abbiamo il piacere di avere Andrea Sannino come ospite.
Come sta vivendo Andrea Sannino questi giorni di emergenza Coronavirus? Che emozione è stata, per te, vedere la tua canzone diventare un canto di speranza?
La sto vivendo con estrema attenzione e rispetto delle regole. Sono più di 33 giorni che non usciamo di casa e, ovviamente, tutto quello che è accaduto riguardo una mia canzone in questo momento così particolare e difficile ha solamente alleviato le sofferenze mie e di tutte le persone che restano a casa e cantano per esorcizzare la paura, non per mancare di rispetto alle tante vittime.
Cantare vuol dire sperare, sconfiggere la paura con la musica, quindi io che sono diventato protagonista di questo canto mi sento vicino a tutte le persone e mi sento coinvolto come loro.
Vuoi raccontarci com’è nata “Abbracciame”?
Abbracciame è nata cinque anni fa, scritta da me insieme a Mauro Spenillo, a casa sua, un pomeriggio qualunque. Decidemmo di scrivere un brano d’amore che ci rappresentasse e nacque in quindici minuti questa canzone.
A breve avresti dovuto debuttare con “Carosone, l’americano di Napoli”. Cosa ha rappresentato per te, nel corso degli anni, una figura come quella di Renato Carosone?
Avrei dovuto debuttare assolutamente con questo musical dedicato a Renato Carosone, purtroppo siamo stati fermati dall’emergenza. Carosone ha rappresentato tutto, credo, nella formazione dei musicisti e dei cantautori napoletani contemporanei, perché lui è stato il primo, dal dopoguerra in poi, a portare la musica napoletana nel mondo, usando un linguaggio che capissero anche in Australia e in Giappone. Mi sento molto vicino a lui, seguo molto quella scia e quella voglia di fare quel tipo di musica lì.
Sempre a teatro, hai vestito i panni di Don Saverio in “Scugnizzi”. C’è un insegnamento particolare che hai ricevuto studiando e portando in scena questo personaggio?
A teatro sì, ho vestito i panni di Don Saverio in Scugnizzi e ho ricevuto come regalo, facendo quello spettacolo con il maestro Claudio Mattone, la consapevolezza che la napoletanità potesse essere esportata anche fuori dalla Campania, perché prima invece, negli anni della mia adolescenza, pensavo che comunque il napoletano potesse essere un limite e che fossero finiti i tempi di Carosone e Pino Daniele.
Invece, quello spettacolo mi ha fatto capire che lo aspettavano a Trieste come se fosse uno spettacolo in lingua italiana. La lingua napoletana è comprensibile per verità e passionalità anche a qualcuno del nord.
“Uanema” è un titolo che hai scelto per omaggiare Lucio Dalla, che hai avuto modo di conoscere di persona. C’è un ricordo particolare che ti lega a lui e che vuoi raccontare ai nostri lettori?
Uanema è il titolo del mio primo album, che omaggia Lucio Dalla, che ho avuto modo di conoscere e frequentare. Lui usava spesso questo termine, ecco perché è nata la volontà di dedicargli l’album.
Un ricordo particolare che mi lega a lui? Sono andato a comprare insieme a lui le sigarette dal tabaccaio. Lucio fumava, scendemmo da casa sua, un giorno che eravamo a Bologna per le registrazioni di alcuni cori, e ci fermammo a comprare le sigarette in fila.
Lucio Dalla era così: una persona qualunque tra la gente comune. Questo è un grande insegnamento, perché pur essendo un mostro sacro della musica internazionale viveva la sua città come un cittadino normale.
Ad Andrea Sannino e Francesca Scognamiglio va un sentito ringraziamento da parte della redazione di MentiSommerse.it.
Intervista di Corrado Parlati