“La regina nera canta la marcia funebre, la campana d’ottone rotta suonerà per evocare la strega infuocata, alla corte del Re Cremisi”. Il Re Cremisi altri non è che Federico II di Svevia, eletto imperatore del Sacro Romano Impero da Papa Onorio III nel 1220, e Re di Gerusalemme. Il suo regno univa l’occidente e l’oriente: quello del Re Cremisi evocato dai King Crimson unisce invece il passato ed il futuro.
Se mai il prog ha voluto una data, questa è senza dubbio il 10 ottobre 1969, giorno della pubblicazione di In The Court of the Crimson King. Avveniristico e avanguardistico acquerello, folle, schizoide e psichedelico, surreale e romantico. Cinquant’anni di definizioni si sono susseguite a proposito del disco partorito da un gruppo di ragazzi del Dorset. Pietra angolare di tutto il prog rock che sarebbe venuto dopo, qualcuno l’ha definito “l’album di rock progressivo più influente mai pubblicato”, qualcun altro semplicemente “un capolavoro assoluto”.
In The Court of the Crimson King è un folle viaggio in un futuro distopico, partito dalla corte fatata del Re Cremisi. Il percorso dell’album inizia dalle paure e dalle angosce dell’uomo del ventunesimo secolo, schizoide, alienato, solo. (- ascolta qui) È una fuga da una società opprimente e paranoica. “I neurochirurghi urlano a lungo alla velenosa porta della paranoia, uomo schizoide del ventunesimo secolo. Un tormento di sangue, filo spinato, un rogo di politici, innocenti stuprati con il fuoco del napalm”. L’invettiva politica fa l’occhiolino alla generazione di Woodstock, ma la poetica di Peter Sinfield va molto più a fondo del pacifismo qualunquista dell’epoca. “Il seme della morte, la cupidigia dell’uomo cieco. Poeti affamati, bambini sanguinanti. Non ha realmente bisogno di nulla di ciò che ha, uomo schizoide del ventunesimo secolo”.
Il viaggio prosegue lungo l’angoscia della solitudine dell’uomo che parla al vento. “Le mie parole vengono portate via, il vento non sente, non può sentire”. Ma il momento più duro è rappresentato dall’epitaffio con cui l’uomo schizoide si separa da una società in preda al caos, in cui “la conoscenza è un’amica mortale” perché genera comprensione, dunque è pericolosa. “Se nessuno stabilisce le regole, il destino di tutta l’umanità che vedo è nelle mani di pazzi”. Il pessimismo diventa poi profetico: “Il muro su cui i profeti scrivono sta cedendo nelle giunture, sopra gli strumenti della morte. Nessuno poserà la corona d’alloro quando il silenzio affogherà le urla”. La paura di vivere attanaglia l’uomo del 21esimo secolo conscio di un destino che non ammette repliche. Un epitaffio di morte per un mondo malato e senza regole.
Ma la prima parte del viaggio è conclusa. Ad essa farà seguito l’illusione onirica e la calma della “figlia della luna che danza nel letto di un fiume. Navigando nel vento con una vestaglia bianco latte…aspettando che un figlio del sole le sorrida”.
Il futuro distopico adesso è lontano. L’uomo schizoide è finalmente tornato alla corte del Re Cremisi (- ascolta qui). Una corte magica, composta da buffoni, maghi e pifferai, giocolieri e giardinieri, ricca di colori e di luce. Follia e schizofrenia sono un ricordo, ma la domanda da porsi è più che lecita: i King Crimson avevano colto nel segno, descrivendo il futuro? L’uomo schizoide ha lo sguardo atterrito e la bocca scolpita in un grido di terrore. Il Re ha il viso buono ed un largo sorriso, e tende le mani ai visitatori del suo regno. Sono i due lati della copertina del disco: è l’immagine che è entrata di diritto e per sempre nella storia della musica.