“Se ne andò il tempo delle mele e arrivò l’inferno delle pere amici che non avrei più rivisto sbattuti la scaraventati in pasto a una realtà  che qualche anno dopo avrebbe già riscosso il suo tributo da sola o con le quattro letterine magiche”
(Max Pezzali, Come deve andare)

Alzi la mano chi si emoziona quando si parla dei bei tempi passati. Lo avete fatto anche voi vero? Lo sospettavo. Qualsiasi persona ha un passato a cui tiene e a cui guarda con un sentimento tra gioia e malinconia. Si tratta però di una malinconia buona, di quelle che ti scaldano il cuore come una coperta contro il freddo.

La nostalgia si può manifestare sviluppando ogni senso e ogni ricordo. Può essere un profumo, la vista di qualcosa che, sfidando il tempo, resiste e rimane esattamente come la ricordi. Una foto, un suono, una persona.

Personalmente, quando voglio buttarmi nella nostalgia cerco dei video di Formula Uno, di solito degli anni 90 o 2000 (ma sono bene accetti anche i decenni precedenti). I tempi in cui Schumacher cercava di vincere in Ferrari senza riuscirci (avrebbe dovuto aspettare il “millennio” dopo), di macchine e piloti che fanno scattare l’amarcord che è nel tifoso. Io però, più che ad una macchina o ad un pilota in particolare, mi concentro sul suono.

Lo sentite questo suono? È un motore V10, e con l’avvento dell’era dell’ibrido in Formula Uno, non lo sentirete più dal vivo. Le F1 attuali hanno un suono più smorto che permette di sentire addirittura la frenata. Qui invece c’è solo il rombo del motore, un frastuono colossale e assordante che scaturisce gioia in ogni dove. Un motore a pieni giri contro un rombicchio che non dà segni di gloria da nessuna parte. Certo, siamo in un periodo in cui l’ecologia la fa da padrona, bisogna stare attenti ai consumi, ecc ecc. E forse è racchiuso qui, in un certo senso, il significato della parola nostalgia.

NOSTALGIA EVERYWHERE

Un tempo non avevi pensieri. Potevi girare a pieni giri senza limitazioni, senza preoccupazioni. Non sapevi che un giorno avresti preferito una serata sul divano – che domani mi devo alzare presto e non voglio fare tardi – ad una in cui nessun orario poteva dirti a che ora tornare a casa. Poi scorre il tempo. Arrivano pensieri più grandi di te, arriva la maturazione.

Però… però… il pensiero torna lì. In qualche modo la voglia di rivivere quei momenti c’è.

Quanto vi fa emozionare questo suono? Se avevate una Playstation negli anni ’90 non potete non ricordare l’ansia che arrivava quando un gioco non partiva, e quando finalmente compariva la P della Play, e si poteva cominciare a giocare, era un gran sollievo.

Se una persona amante dei videogiochi guarda le grafiche di quel tempo, quasi si spaventa rispetto alla perfezione a cui si sta arrivando. Eppure nessun Fifa attuale potrà scalfire la magnificenza di Fifa 98, o quella di Gran Turismo. E perché, se ora come ora vogliamo che i dettagli siano il più fedeli possibili alla realtà? Forse sappiamo già che il gioco che abbiamo ora tra un anno sarà cambiato, mentre quelli di una volta rimanevano. E forse c’è più calore nel vedere un omino tra il cubico e il piramidale piuttosto che uno assolutamente perfetto.

Rimanendo in tema suoni, è impossibile non parlare di musica. La musica ha scandito le nostre esistenze, le mode e il nostro stile di vita. Ma soprattutto, ogni canzone risale ad un periodo, ad un momento, ad un avvenimento che ti riporta indietro nel tempo, sia nel bene che nel male. Per esempio…

Ho fatto l’esempio di Gigi D’Agostino, ma se ne potrebbero fare diecimila. Il fatto è che quando si sente quel “po-poropo”, sale la nostalgia ancor prima che ce se ne possa rendere conto.

Non a caso intorno a noi proliferano gli anni ’90: serate a tema nei locali, alcuni look nei negozi di vestiti. Tornare indietro per andare avanti? Può darsi. Il marketing non si fa troppi problemi quando c’è da lucrare, di conseguenza se il “bei tempi” funziona, allora si può fare, come spiegato da Forbes in questo articolo. Soprattutto in televisione, quando assistiamo al ritorno di certi cavalli di battaglia come “Sarabanda”, o ai reboot di grandi classici come “Amici Miei”.

A volte (il caso di Amici Miei) è quasi uno stupro per gli occhi, talmente violento che vuoi dimenticare in fretta tutto ciò che hai appena visto e quasi negare le supercazzole, la Torre di Pisa che cade o gli schiaffi alla stazione. Altre volte invece, è bello vedere che alcuni miti esistono ancora, e che il tempo passa per tutti ma le emozioni rimangono vive, vere, autentiche.

Una domanda, alla quale non esiste una risposta definitiva, è: quanto conviene tornare indietro?

Di solito quando si va avanti lo si deve fare guardando dritto a sé, non indietro. A guardare indietro si rischia di sbattere la testa, o di cadere in terra. Però è anche vero che ogni tanto ci sta di fare un tuffo nel passato. Il troppo stroppia, come si dice, ma a tanti piace.

Nel dubbio?

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