“Tu ci pensi poco al futuro, vero? È il privilegio dei giovani”. (Françoise Sagan, Bonjour Tristesse)
È notizia di qualche tempo fa che il canale televisivo Rai Movie, gratuito, verrà sostituito da un Rai 6 che strizzerà l’occhio al mondo femminile. Questo mentre Rai 4 diventerà squisitamente maschile. Andando per luoghi comuni, un vero maschio guarderà un canale con ammazzamenti, esplosioni, gare di rutti, uomini muscolosi e tette enormi. Al contrario, una vera donna assisterà a ciarle giornaliere, suggerimenti per il make up e la casa e tanti film dove l’amore fa soffrire ma trionfa sempre.
Si tratta di generalizzazione, ovvio. Di obiettivo però, c’è la cancellazione di un altro piccolo tassello in cui potersi rifugiare per dare al cervello (ogni tanto) qualcosa di intellettualmente intelligente da guardare. I film di Rai Movie infatti, spesso erano di un certo valore, apprezzati per storia e recitazione più che per gli effetti speciali. Adesso però, il suo posto verrà preso da show prettamente femminili, mentre Rai 4 sarà un’orgia di testosterone.
Muore un po’ di cultura, aprono i grandi magazzini. Muore un po’ di curiosità e di originalità, si moltiplica il conformismo delle città.
L’Italia è, o dovrebbe essere, il paese dei santi, martiri, poeti e navigatori. Ma forse preferiamo passare per il classico pizza-pasta-mafia. Davanti allo straniero di turno che ci dice una cosa del genere magari ci ridiamo, ci facciamo una battuta su. Alcuni potrebbero nascondere la malinconia del sentirsi dire certe cose. Ma di questi santi, martiri, poeti e navigatori, che cos’è rimasto nei giorni nostri?
L’Italia più che destarsi, si sta addormentando. Vive nei social quando l’arbitro non assegna il rigore, quando il tizio rinchiuso nella casa del Grande Fratello si arrabbia per la più enorme minchiata della storia. Si indigna quando nessuno risolve i problemi per lei. Dov’è la vittoria in tutto questo? Non c’è nessuna chioma da porgere.
A scuola ci fanno imparare a memoria l’inno di Mameli, un signore che compose quel testo così pieno di amore verso la patria a soli 19 anni. Adesso è più facile che i diciannovenni compongono “Mmh ha ha ha”. Ma a parte l’intensità del testo di Mameli, unita a quella musica così iconica in tutto il mondo, vorrei soffermarmi su un fatto curioso: di quest’inno la maggior parte conosce solo la prima strofa.
Le parti in cui si parla dei secoli in cui calpestati perché divisi, in cui con l’aiuto di Dio si può superare ogni difficoltà, soprattutto se uniti sotto un’unica bandiera.. per alcuni sono una vera sorpresa. Anche perché durante le partite della Nazionale, o quando sul podio sale un italiano, tutto questo non viene cantato. Come dire: meglio conoscere solo le strofe più importanti, il resto non conta.
Se il resto non conta significa che la storia non conta. Ed è così che i cinema chiudono, le tradizioni si perdono e le persone hanno bisogno di mangiare wurstel e patatine quando vanno a cena fuori.
L’inno di Mameli, pieno di furore ed amore per ciò che rappresenta l’Italia e gli italiani, è passato di moda. Serve un inno che rappresenti al meglio il popolo italico.
Gigi D’Agostino, il nuovo Mameli
Nomini Gigi Dag e tutti sanno di chi stai parlando. Sanno anche che faccia abbia, a differenza di Goffredo Mameli (sì, si chiamava Goffredo). Nomini Gigi Dag e ti vengono in mente un sacco di serate tra amici, un sacco di racconti da custodire gelosamente ed un sacco di viaggi in macchina, magari con “Bla Bla Bla” in sottofondo.
A differenza di Mameli, il buon Gigi ha composto moltissime canzoni, e continua a calcare l’onda dell’entusiasmo da più di trent’anni. È l’idolo di molte generazioni che hanno ballato, cantato, bevuto e rimorchiato con la sua musica in sottofondo.
Cosa caratterizza di più l’italiano medio di tutto ciò?
La storia, la cultura, la scorza dura dei nostri avi si è persa tra i cuoricini di Instagram ed i pantaloni con i risvoltini da indossare anche se fuori nevica. Il nuovo italiano deve seguire le mode, non pensare al passato ma, allo stesso modo, conservare quel senso di nostalgia in cui rifugiarsi quando il presente e il futuro spaventano troppo.
Il nuovo inno italiano quindi, dovrà esprimere al meglio queste nuove emozioni. Deve trasmettere forti emozioni e il suo testo deve rappresentare i suoi abitanti, ma non deve essere difficile da imparare. Anzi: non deve essere imparato proprio. Basterà ricordarsi come suona la musica.
Questa canzone è perfetta: la conoscono tutti e la possono cantare tutti. Il suo testo, anche se in inglese e nessuno lo conosce, descrive a pieno le nuove generazioni. Quel “io credo nei tuoi occhi, volerò con te, sarò sempre dalla tua parte, la mia vita appartiene a te” sono passi che possono inorgoglire ogni italico patriota. E strano ma vero: sono parole ascoltate migliaia di volte, anche se in inglese, anche se in una canzone di Gigi Dag. E poi, allo stadio si può preservare quel “po, popporopo, popporopo” che fa rabbrividire, emozionare ed inorgoglire senza passare di moda come Seven Nation Army.
Al giorno d’oggi essere italiani non significa più essere il risultato di secoli di guerre, alleanze, tradimenti, arte, ingegno e invenzioni. Ad oggi essere italiani significa avere una chiave in più per apparire simpatici.
La sesta strofa dell’Inno di Mameli recita così:
«Evviva l’Italia
Dal sonno s’è desta
Dell’elmo di Scipio
S’è cinta la testa
Dov’è la vittoria?!
Le porga la chioma
Ché schiava di Roma
Iddio la creò»
Chissà se un giorno queste parole torneranno di moda. Per il bene di tutti, italiani o meno.