Il Vesuvio, per i napoletani, è sempre stata una presenza amica, oltre che un concittadino da temere: è quel filo conduttore che unisce tutti, senza distinzione alcuna, il Re che si rende visibile tanto dai luoghi che rendono Napoli un posto da sogno quanto da quelle che lo rendono un inferno popolato da angeli e sirene, oltre che da demoni.

È una sorta di stella polare, perché, come dice qualcuno, non tutti i napoletani sapranno indicare le varie costellazioni, ma tutti, proprio tutti, sanno dov’è il Vesuvio rispetto alla loro posizione in quel momento.

Tutti, fin da piccoli, sono stati abituati ad averlo alle spalle quando dormono, quasi a fare da scudo protettivo, o a trovarselo esattamente di fronte quando ci si ferma ad ammirare un panorama.

Fonte di paura, certo, ma anche di bellezza infinita di cui vantarsi.

E per il sesto anno consecutivo, gli organizzatori del Pomigliano Jazz, rassegna giunta alla sua edizione numero 24, hanno deciso di unire alla bellezza del Vesuvio quella della musica jazz, per un momento che ha un potere catartico.

Il rispetto della natura, ovviamente, è stato messo al centro dell’evento, inserito nell’ambito della rassegna #VesuviusPlasticFree: all’ingresso del piazzale quota mille, infatti, sono state distribuite gratuitamente a tutti i partecipanti delle borracce in alluminio, per minimizzare la produzione di rifiuti in plastica, e rientra inoltre nel progetto Green Jazz, in cui musica e sostenibilità ambientale vanno di pari passo.

Protagonista di quest’anno è stato Charles Lloyd, in un’inedita formazione in trio con Marvin Sewell – il più grande chitarrista di cui non hai mai sentito parlare“, come l’ha definito All about Jazz alla chitarra acustica e Reuben Rogers al contrabbasso. Avrebbe dovuto prendere parte al concerto anche Eric Harland, alle piccole percussioni, ma un problema di salute gli ha impedito di essere sul palco.

Il sassofonista americano, nato a Memphis, oltre a una carriera formidabile da jazzista, ha avuto anche un’incursione nel mondo del rock, suonando con i Beach Boys, Celebration, Canned Heat e i The Doors, mettendo il suo sax a servizio del Re Lucertola in due delle tracce che compongono “Full Circle”. Un artista, dunque, capace di varcare i confini del Jazz e misurarsi con suoni molto diversi.

Un concerto in formazione completamente acustica che, sposandosi con la natura incontaminata del Cratere del Vesuvio, riesce a riportare la musica al suo stato originale, in un connubio perfetto tra arte e natura.

L’intimità e il calore dei suoni sono quelli classici del jazz cameristico della West Coast, ma ascoltare un trio del genere dal vivo, immersi nella natura e nella bellezza, ammirando il Sole che scende alle spalle del Formidabil Monte, è una fortuna che non capita tutti i giorni.

 

 

 

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