Da Roma a Tokyo, passando per New York: la musica degli Zephiro è davvero un piccolo talismano da mettere in tasca per cullare un lungo viaggio. Francesco Chini, Claudio Todesco e Lorenzo Sentinelli sono un trio di musicisti romani dal sound fresco di un’eredità decennale, che affonda le radici da qualche parte tra gli anni ’80 ed il ’90. Loro invece sono nati nel 2006. Un album, due EP e più di 300 date live dopo, gli abbiamo fatto qualche domanda, per scoprire che le loro risposte sono stravolgenti quanto la loro musica.
Un po’ di storia: chi sono gli Zephiro, e come nasce il progetto?
Risponde Claudio Todesco: gli Zephiro nascono nel 2002 con l’esigenza comune a svariate band di far conoscere la propria musica, lasciando per strada fin da subito l’idea di cover o tribute band.
Dopo svariati cambi di genere e di formazione (inizialmente si era in quattro) troviamo la nostra strada artistica circa sette anni fa in trio. La new wave diventa definitivamente il nostro linguaggio, un misto tra il desiderio di rispolverare sonorità snobbate negli anni in cui nacquero e trasmettere queste atmosfere alle nuove generazioni.
Da quale background musicale proviene ognuno di voi?
Risponde Francesco Chini: amo definirmi un reduce degli anni Novanta: devo la mia formazione al grunge, all’alt-rock e al cantautorato italiano che non si è fermato agli anni Settanta. Ciononostante, la band senza la quale non avrei mai iniziato a suonare e a scrivere è indubitabilmente una: i Litfiba degli anni della Trilogia.
Risponde Claudio Todesco: a questo punto per ricollegarmi a Francesco, io sono invece un reduce degli anni ’80 e come tale non capivo mentre vivevo quegli anni di che rivoluzione artistica e culturale mi stavo nutrendo. Le band di riferimento personalmente sono mostri sacri come Talk Talk, Tears For Fears, The Cure, Depeche Mode, ma anche fuori dal mainstream sono stato influenzato dai The Sound, Sad Lovers And Giants, Wire, Psychedelic Furs, Echo & The Bunnymen. Un album di riferimento che consiglio a tutti è The Hurting dei Tears For Fears.
Risponde Leonardo Sentinelli: per questioni anche generazionali ho scoperto la new wave grazie alle sue rivisitazioni attuali dei White Lies, Editors, Interpol, The 1975; ma amo anche spaziare anche nel funk dei Red Hot Chili Peppers.
Dopo il vostro primo album, avete girato tre continenti in tour: come cambia il vivere la musica da un luogo all’altro?
Risponde Francesco Chini: la musica ha un potere che nient’altro ha: quello di costituire un codice universale che fa incontrare e “localizzare” tutti quelli che lo praticano o ci si imbattono. Se possibile, portarlo in posti così diversi e caratterizzati da culture spesso agli antipodi fra di loro ne fa comprendere ancora meglio questo potere di esperanto da viaggio. E vedere all’opera questo meccanismo magico in una posizione tanto privilegiata è una delle fortune più inestimabili che possano toccare in sorte non tanto a un musicista, ma proprio a un qualunque essere umano attento.
Risponde Leonardo Sentinelli: sintetizzerò associando ad ogni continente delle parole: Europa – origini, contenuti; America del Nord – easy going, naturalezza; America del Sud – passione, calore; Asia – qualità sonora, rispetto.
Cos’è cambiato, invece, del vostro fare musica, dal 2006, anno dell’uscita del vostro primo album ad oggi?
Risponde Francesco Chini: Non è raro che a domande come questa si riesca a rispondere meglio partendo da ciò che è rimasto, invece, identico.
E nel caso degli Zephiro, senza dubbio identica – quando non più forte – è l’urgenza comunicativa e la voglia di creare uno scambio emozionale.
Il tempo che passa è una lezione di continuo cambiamento, e avere un punto di riferimento simile – e sapere che c’è almeno una cosa che non cambierai mai – serve proprio a decidere cosa, invece, sei disposto a cambiare.
Una delle cose più importanti, probabilmente, è il lavoro sul nostro linguaggio e – dunque – sulla nostra identità.
Abbiamo attraversato molte diverse vite e stagioni, e niente ci ha permesso di decidere chi siamo quanto il nostro lavoro sugli strumenti stilistici e comunicativi con i quali affermarlo.
In una società che vive un rigurgito d’odio e intolleranza come sembra star diventando la nostra, quale può essere il contributo dell’ambiente musicale?
Risponde Claudio Todesco: proporre riflessioni, messaggi, emozioni per provare a fermare questa indifferenza e questa normalizzazione dell’odio. Essere colonna sonora di momenti unici di umanità.
Risponde Francesco Chini: quello di un buon libro, di un buon film e in generale di qualunque grande opera: offrire domande.
Un contributo che però non prescinderà mai dalla nostra scelta decisiva: anche il libro più illuminante non si legge da solo, lo devi aprire tu.
Mi raccontate l’episodio più divertente/imbarazzante che vi sia successo durante un live?
Risponde Claudio Todesco: forse l’invasione da palco da parte del pubblico “punkettone” giapponese al Jam di Shinjuku (Tokyo) nel 2010. Continuammo a suonare e a riattaccare continuamente i cavi staccati e i pedali sconnessi dai salti e dal pogo del pubblico su un palco molto piccolo. Divertente ma non imbarazzante. Forse di imbarazzante mi viene in mente un signore di una certa età che seriamente alla fine di un live si avvicina sotto il palco e ci chiede se nel repertorio avevamo Bongo Bongo Bongo di Nilla Pizzi.
Per saperne di più, seguite gli Zephiro sui loro profili ufficiali:
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Marzia Figliolia