Il momento che tutti i suoi detrattori stavano aspettando da vent’anni a questa parte sembrava essere arrivato: il tour di Luciano Ligabue parte da Bari senza un sold out, né una data raddoppiata, e anche parecchie polemiche – giustissime – tra i presenti per la riassegnazione dei posti.
Da lì, non sono mancate le critiche, alcune anche feroci e insensate, finendo per trattare come l’ultimo degli arrivati un artista che, piaccia o meno, ha scritto una bella dose delle più importanti pagine della storia della musica italiana.
Certo, alcuni errori in fase di gestione sono stati fatti: troppo poco il lasso di tempo tra l’uscita biglietti in prevendita e l’inizio del tour, un album non valorizzato a dovere in termini di singoli estratti – “Quello che mi fa la guerra“, ad esempio, avrebbe potuto tranquillamente prendere il posto di “Certe donne brillano” -, una gestione social forse non ottimale, ma queste sono cose sulle quali Luciano – non abbiamo dubbi – farà una riflessione con chi di dovere. Inoltre, va sottolineato che dopo trent’anni di carriera a livelli altissimi, un periodo di flessione è lecito: cambia il pubblico, cambiano le tendenze, cambia – inevitabilmente – l’artista e il suo sguardo sul mondo.
Resta poi da capire a cosa sia realmente dovuta la smania del sold out. A uno spettatore dovrebbe interessare lo show, ciò che l’artista porta sul palco, la produzione dello spettacolo – e questo è uno degli show più importanti in termini di produzione tra quelli del Liga -, mentre i conti spettano poi agli organizzatori. Forse la smania di poter dire “io c’ero a un evento tutto esaurito”? Ma se si svilisce l’arte a questo…
No, il Re non è affatto nudo. Alcune date, probabilmente, hanno reso meno del previsto, ma i 25mila di Bari non sono affatto un numero scarso – nel 2014, ad esempio, suonò all’Arena della Vittoria, con un numero di spettatori di poco superiore ai 30mila, con un album di successo maggiore e una prevendita più ampia, mentre Springsteen a Napoli a stento superò i 20mila.
E sì, stavolta è il caso di dirlo: lo show, Luciano, ce l’ha avuto di fronte, con una coreografia che ha coinvolto l’anello più alto dello stadio che, oltre a essere la casa della sua squadra del cuore, è anche casa sua. Un mondo dentro un mondo che è già un po’ migliore, dopo due settimane di critiche, alcune lecite, altre invece basate su un semplice livore personale nei confronti dell’artista.
“Il patto è stringerci di più“, come canta dal 1991, e questo è il momento di farlo. È un po’ come sputare via il veleno, e Luciano l’ha fatto sul palco, come sempre, davanti a un San Siro con oltre 56mila spettatori.
Corrado Parlati
Ph: Roberta Brega – Facebook