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Non ho capito Billie Eilish, ma mi fa impazzire

Non conoscevo Billie Eilish, sono colpevole. Poi qualche mese fa ho visto un suo videoclip e da lì è stato difficile dimenticare la sua faccia, innanzitutto. Il video era quello di “bury a friend”, il singolo pubblicato a fine gennaio con cui Billie Eilish ha iniziato a farsi conoscere dal pubblico mainsteam anche in Italia. Definire il videoclip di “bury a friend”, ancora prima della canzone, è decisamente complicato: la parola “inquietante” è adatta, ma sicuramente non sufficiente. Fatto sta che da quel momento in poi, Billie Eilish era per me la ragazza del video inquietante.

Passa qualche settimana e in radio si inizia a sentire “bad guy”, un altro singolo. Sono in macchina, sto guidando e dopo qualche secondo dall’inizio della canzone, è un vero e proprio colpo di fulmine, il pezzo non mi esce più dalla testa e rischio di andare fuori strada quando parte quel beat. Ed è strano, perché è abbastanza lontano da quello che ascolto generalmente; in verità, quel brano e tutta la musica di Billie Eilish sono abbastanza lontani da qualsiasi cosa si senta solitamente in radio o si trovi in cima alla classifica di Spotify. È pop, è elettronica, è indie, è alternativa, è trap. È tutte queste cose e contemporaneamente nessuna di queste.

A quel punto la ragazza del video inquietante ha un nome ed un cognome ben chiaro: Billie Eilish. Mi basta questo per cercare informazioni in più su Wikipedia e scoprire che in realtà sono io ad essermi accorto tardi di lei: ha pubblicato un album, due EP, 17 singoli e 13 videoclip. Ah, e ha 17 anni. Lei dice di ispirarsi a Lana Del Rey, e in effetti ascoltando i suoi brani qualche similitudine si trova. Ma anche in questo caso, racchiuderla in questo paragone è riduttivo: c’è un po’ di Lana Del Rey, un po’ di Bjork, ma trovare un artista che somigli a Billie è un’impresa ardua.

Il suo album d’esordio si chiama “When we fall asleep where do we go?” ed è un viaggio musicale che in 43 minuti ti scuote parecchio. Non l’ho capito fino in fondo, non ne avevo neanche la pretesa: è un album che mi ha confuso molto ma che nonostante questo mi è piaciuto in modo esagerato. Un album cupo, introverso, disturbante in un certo senso. 43 minuti molto personali in cui Billie Eilish sembra volerci accogliere nel suo mondo tenendoci per mano, dandoci un assaggio di tutto ciò che scorre nella testa di una ragazzina di 17 anni che ha però una maturità artistica impressionante.

Si parte esattamente con quello che ti aspetti: dopo “bad guy”, la vera hit dell’album con un finale quasi terrificante, “xanny” all’inizio ti fa apprezzare la dolce voce di Billie, poi partono bassi così potenti e distorti che è un peccato ascoltare questo pezzo su qualsiasi impianto che non gli renda giustizia; ne viene fuori una canzone che ha una metà delicatissima e una metà molto cupa che fa rabbrividire, fuse insieme in modo eccelso.

Seguono “you should see me in a crown”, altro pezzo di una potenza incredibile sempre cupo e inquietante, e “all the good girls go to hell” e “wish you were gay”, più tendenti verso il pop classico ma senza che Billie rinunci al suo tocco. Poi arriva “when the party is over”, forse uno dei pezzi più sorprendenti: quasi solo voce e piano (con un tocco di elettronica, chiaramente), un testo toccante e una melodia che non ti aspetti dopo aver sentito le prime canzoni. Il risultato è un pezzo emozionante che sfrutta la vocalità straordinaria di questa ragazza. Anche “8” segue quella linea, pur essendo un pezzo apparentemente più leggero: un po’ a sorpresa, Billie dà prova di poter essere eccezionale anche lontana dai suoi mood stravaganti e bizzarri.

Con “my strange addiction” si ritorna verso il beat elettronico rimanendo però ancora nella zona più pop. Zona da cui si esce decisamente con “bury a friend”, massima espressione dello stile di Billie Eilish che fa rabbrividire ad ogni ascolto. Il pezzo successivo, “ilomilo”, è forse il più sperimentale di tutto l’album e ti avvolge portandoti in un mondo che è a metà strada tra un sogno e una favola; peccato duri solo 2:36.

Per la conclusione dell’album si torna ancora nella zona più melodica e (quasi) libera dall’elettronica: “listen before i go” è la conferma che Billie può davvero insistere su quella strada, ma “i love you” è qualcosa di sublime. Una canzone d’amore che sembra andare nell’intimo più profondo di Billie Eilish: “I love you and I don’t want to”, un testo e un’intensità che spiazzano un po’ dopo aver ascoltato tutto il resto dell’album, ma che emozionano molto.

C’è tempo poi solo per “goodbye”, due minuti finali da vero e proprio mondo dei sogni, come da titolo dell’album. 43 minuti dopo l’inizio del primo brano, e anche dopo i numerosi ascolti successivi, mi tocca ammetterlo: non l’ho capita, Billie Eilish. Eppure mi ha fatto impazzire, mi ha lasciato a bocca aperta. Non ho capito quale sia la vera Billie Eilish, se quella di “bury a friend” o quella di “i love you”, non ho capito se abbia già scelto o meno una strada da seguire, se ci sia una strada migliore di altre per lei. Non l’ho capito, ma non l’ha capito nessuno probabilmente. Forse nemmeno lei, ed è fantastico così: Billie Eilish è tutto questo, messo insieme e mescolato. Ne esce fuori un’artista unica di cui sentiremo ancora parlare parecchio.

Alessandro Bazzanella

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