Persino la scienza è d’accordo: andare in vacanza fa bene a cuore e cervello. Staccare la spina ci rimette a posto, e riempirci gli occhi di nuove e conosciute bellezze mette in moto la nostra creatività. Per quanto mi riguarda, il luogo del cuore per eccellenza è quello in cui riesco a coltivare l’arte fin troppo sottovalutata del non pensare assolutamente a niente: ché certe volte prestiamo troppa attenzione a quello che ci riempie la testa e non a quel poco che ha la capacità di svuotarcela, di farne tela bianca. Per me, quel posto è un lembo di spiaggia tra due fari, a Porto, in Portogallo. Ma… dove andavano invece i grandi artisti, per ricaricare le loro menti vulcaniche?

Pablo Picasso – Juan-les-Pins, Francia

Pablo Picasso and Francoise Gilot on holidays, 1949. Photo by Keystone-France/Gamma-Keystone via Getty Images.

Pablo Picasso si trovò per la prima volta nella cittadina francese di Juan-les-Pins nell’estate del 1920, assieme a quella che all’epoca era sua moglie, Olga. Continuò poi a recarsi su quelle spiagge fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, e poi riprese nell’estate del 1946, estate in cui lasciò il suo più grande marchio nel paesino. Assieme alla nuova amante, François Gilot, passavano le giornate sulle pittoresche spiagge della Cote D’Azur, mentre di notte Picasso usava ritirarsi nel medievale Chateau Grimaldi, a dipingere con furia ossessiva: produsse in quel periodo 23 dipinti e 44 disegni, che donò interamente al Castello, facendone di fatto il primo Museo a lui dedicato.

Georgia O’Keeffe – Hawaii, Stati Uniti

Georgia O'Keefe in Hawaii, 1939. Image via Wikimedia Commons.

Nel 1938, la Hawaiian Pineapple Company (conosciuta oggi come DOLE), offrì a Georgia O’Keeffe un viaggio completamente pagato alle Hawaii. In cambio, lei accettò di produrre due dipinti con un ananas come soggetto, per uso pubblicitario. La pittrice accettò, e arrivò ad Honolulu nel febbraio del 1939, trovandosi davanti una realtà che non aveva mai considerato: cene a base di pesce crudo, passeggiate invernali in sandali e maniche di camicia, camminate lungo spiagge dalla sabbia nera. Per la fine delle nove settimane offerte, la O’Keeffe era ormai incantata dalla natura delle isole statunitensi – così incantata… da dimenticare i suoi impegni con la Pineapple Company! Una volta tornata sul continente, si presentò alla compagnia con un gran numero di tele, certo… ma nessuna aveva un ananas per soggetto!

Georgia O’Keeffe tornò alla Hawaii altre due volte: nel 1959, quando tornò ad Honolulu come parte di un viaggio verso il Sud Est Asiatico, e nel 1982, a 94 anni.

Salvador Dalì – Cadaqués, Spagna

Salvador Dali. Photo by GAMMA/Gamma-Rapho via Getty Images.

Salvador Dalì nacque a Figuera, in Costa Brava, e passò tutte le vacanze della sua infanzia nel vicino villaggio di pescatori di Cadaqués. Alcuni dei suoi primissimi dipinti – vedute di paesaggi in stile impressionista – catturano proprio gli uliveti, gli edifici di mura bianche e l’acqua scintillante di questa particolare cittadina di mare. Fu proprio lì che, nell’estate del 1929, durante una vacanza nella casa di famiglia, conobbe Gala, la sua futura sposa, la sua futura musa. La coppia si stabilì presto lì permanentemente, comprando un cottage da pescatori che dava direttamente su una vista spettacolare del Mediterraneo. Il grande mastro del surrealismo adorò sempre quel villaggio, arrivando a definirlo come “il più bel posto del mondo”.

Paul Klee – Tunisia

Temple Gardens

Uno degli episodi cardine della vita artistica di Paul Klee accadde durante una sua permanenza in Tunisia, nel 1914. Accompagnato dai colleghi pittore August Macke e Louis Moilliet, passò due settimane a girare il paese dell’Africa Mediterranea, fissando tutto ciò che vedeva in disegni e vibranti acquerelli. In Saint Germain, fu trafitto dalla visione della luna sospesa nel cielo, la notte di Pasqua: “La notte mi è entrata profondamente nell’anima, per sempre”, scrisse nel suo diario.

Fu durante una visita alla città di Kairouan, ad ogni modo, che Klee sentì un cambiamento radicale insinuarsi dentro di lui: già disegnatore dalle abilità riconosciute, avvertì per la prima volta la consapevolezza dell’uso del colore: “Il colore mi possiede. Non ho più bisogno di andar cercandolo – scrisse – Questo è il significato di quest’ora felice: io e il colore siamo un’unica cosa. Io sono un pittore”. E anche se non tornò mai in Tunisia, quella scoperta e le immagini che l’avevano tanto incantato resteranno impresse nella sua pittura per il resto della sua vita.

Marzia Figliolia

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