Hey Joe era una vecchia ballata che raccontava di un uomo in fuga dopo aver sparato alla sua donna per gelosia. Tim Rose, cantautore americano, la rielaborò in chiave folk suonandola spesso nei locali del Greenwich Village, a New York. Il cuore della contro-cultura americana, della beat generation, di hippies e poeti, musicisti e scrittori: questo era il Greenwich Village, quartiere delimitato dalla 14esima strada a nord, da Houston Street a sud, dall’Hudson ad ovest e dalla Broadway a est.

Una sera di settembre del 1966, sul palco del Cafè Wah? il giovane Jimi Hendrix iniziò a suonare una sua versione di Hey Joe. Tra i tavoli, l’ex batterista degli Animals, Chas Chandler, diventato manager. Chas rimase stupito da due cose: la scelta di quella canzone, e l’incredibile talento di Jimi.

Quello che successe in seguito tra i due può essere riassunto in un dialogo: “Dobbiamo andare a Londra: lì ho tanti amici, e potrai diventare qualcuno”, disse Chas. “D’accordo, vengo a Londra, ma a una condizione: devi farmi conoscere Jeff Beck ed Eric Clapton”, rispose Jimi. “D’accordo, sono entrambi miei amici”: era fatta.

La Swingin’ London degli anni ’60 era una sorta di piramide: al vertice, c’erano i Cream. Il terzetto compost da Eric Clapton, Ginger Baker e Jack Bruce, avrebbe presto trovato il suo posto d’onore nella storia del rock, riprendendo e declinando in maniera originale il blues americano dell’inizio del secolo. I Cream erano l’Olimpo, Clapton era Dio per i giovani di Londra.

Jimi e Chas erano atterrati da poco in Europa. Il primo di ottobre 1966 i Cream si esibivano al Central London Polytechnic di Regent Street. Fu qui che Chas fece l’insolita richiesta, accolta in maniera riluttante dalla band: un giovane afroamericano, loro grande fan, voleva “jammare” sul palco con i suoi idoli. Quando fu il momento, Jimi collegò la chitarra all’amplificatore di Jack Bruce, e attaccò Killing Floor di Howlin’ Wolf, ma con un tempo più veloce. Un pezzo che lo stesso Clapton riteneva molto difficile da suonare.

Da lì in poi la storia della musica non sarebbe stata più la stessa. Lo stesso Jack Bruce avrebbe poi raccontato: “Eric era un chitarrista, Jimi era una forza della natura“.  Il giovane fan afroamericano non rimase in disparte, ma si esibì nel suo vasto repertorio di assoli, vibrati, bending, acciaccature e tutto il resto. Con i denti, tra le gambe, dietro la schiena, per terra. Si prese la scena, e non l’avrebbe lasciata più. Eric lo osservò, poi la sua mano cadde dalla chitarra, e tornò nel backstage a pezzo non ancora concluso.

Si mise a fumare nervosamente: Fresh Cream, il loro primo disco, sarebbe uscito a breve, e lui era considerato il miglior chitarrista del mondo. Ma adesso aveva visto qualcuno arrampicarsi sulla vetta della piramide. Incontrò di nuovo Chas: “Cazzo, non mi avevi detto che era così bravo…”.

Gennaro Acunzo

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