Il legame tra notizie false e politica s’è andato rafforzando negli ultimi anni: dall’elezione di Donald Trump in poi il tema è diventato sempre più caldo. Ma se stessimo sopravvalutando questo fenomeno? Ne abbiamo parlato con Marco Venturini, esperto di comunicazione politica.
Quanto reputi importante l’impatto delle fake news sulla politica contemporanea? Sono davvero determinanti o pensi si tratti di una esagerazione?
Le fake news sono diffuse attraverso i social network, ma provengono molto spesso dai giornali. Per questo i giornali hanno perso sempre più di credibilità negli ultimi anni, in Italia ma non solo. Inoltre le fake news sono a danno di tutti gli schieramenti. Per questi motivi credo che il loro impatto sia sovrastimato. Concordo con Google al riguardo, il quale dopo aver commissionato alcune ricerche (Michigan State University e di Oxford), ha scoperto che hanno poco impatto sulle opinioni politiche.
Quale sarebbe l’errore di comunicazione più grave per un politico moderno?
Quello di porsi in difesa dell’establishment, ovvero ciò che sta facendo il Pd quando prende le parti di Autostrade e dei burocrati europei. Dopo le crisi economiche, le popolazioni sviluppano una sfiducia verso il sistema. Per questo nascono i movimenti anti-sistema. Anche un partito che non è populista, come il Pd, dovrebbe comunque tenere conto di questo sentimento parlando dei temi che stanno realmente a cuore alla popolazione più che alle élite.
E quale, invece, la cosa da fare a ogni costo?
La più grande competenza che ogni politico oggi deve fare propria è quella di comunicare in modo efficace sui social network, soprattutto con video, foto e dirette. Se pensiamo ai politici che prendono più voti, sono quelli che fanno più video, foto e dirette sui social. Molte seconde linee in Parlamento e politici locali invece sono molto indietro su questo piano.
Secondo l’Edelman Trust Barometer, il 70% degli italiani è preoccupato per il dilagare delle fake news, ma il 67% afferma di non saper distinguere una fake news da una notizia affidabile. Come si spiega questo fenomeno?
È normale. Se sapessero riconoscere le fake news non ne avrebbero paura. Inoltre dubito che anche chi dice di saperle riconoscere, sappia effettivamente verificare una fonte. È un fenomeno causato dalla velocità con cui consumiamo un’enorme mole di informazioni sui social, dunque è legato ai nostri tempi. Questa velocità non ci permette di approfondire molto e dunque di verificare le fonti di ogni cosa che leggiamo.
Un altro problema, diffuso soprattutto tra i giovani, è l’incapacità di distinguere i diversi giornali: Corriere della Sera e Repubblica sono percepiti allo stesso modo, in poche parole. Dove hanno sbagliato i giornali italiani? Come dovrebbero recuperare un “posizionamento” chiaro?
Ormai la maggioranza dei giornali tradizionali sono considerati inaffidabili. Dunque non hanno un brand forte, sono indistinguibili perché considerati tutti uguali. Inoltre, grazie alla rete, sono nate migliaia di testate, mentre prima in edicola potevi trovare solo pochi giornali e dunque conoscerli meglio. Il rito del giornale la mattina è rimasto solo per le vecchie generazioni. In merito al posizionamento, è diventato impossibile per i giornali trovarne uno in modo chiaro perché a differenza della Prima Repubblica i partiti oggi sono liquidi, cambiano velocemente leader, alleati e nomi.
In conclusione, pensi sia realistico auspicare un’alfabetizzazione digitale di massa in un Paese come l’Italia?
Può essere realistico ma funzionerebbe solo per le nuove generazioni, i nativi digitali. Soprattutto può funzionare solo se l’alfabetizzazione è effettuata da aziende come Facebook stessa o Google . Le istituzioni non la possono imporre agli utenti, non è così che funziona l’apprendimento di un’abitudine. Facebook dovrebbe modificare l’interfaccia, cioè il modo in cui gli utenti vedono le notizie, offrendo informazioni sulle fonti, raggiungibili con un clic. So che il social network sta sperimentando varie soluzioni, consapevole del fatto che anche se la colpa delle fake news non è sua, ha comunque la responsabilità di aiutare gli utenti a farsi un’idea completa sul tema, dato che è da lì che ricevono le news. Ovviamente la sfida è quello di riuscire a farlo senza influenzare a sua volta le opinioni dei lettori.