“La musica sentimentale ha un grande potere: ti riporta indietro nel momento stesso in cui ti porta avanti, così che provi, contemporaneamente, nostalgia e speranza.” (“Alta Fedeltà”, Nick Hornby)
Napoli è una città che è sempre stata legata in maniera forte, quasi indissolubile, alla musica. Da Napoli Centrale e Pino Daniele, fino ai poeti urbani e alla nuova generazione di cantautori, passando per i 99 Posse, 24 Grana e Almamegretta, giusto per citarne alcuni: la musica, a Napoli, ha sempre guardato all’innovazione, senza mai dimenticare le proprie radici e tradizioni, dando vita a un linguaggio unico. Sentimento e passione, poesia e ribellione, riflessioni e voglia di riscatto, l’amore: tutto ha trovato un’espressione ideale attraverso le sette note. Suoni nostri e suoni del mondo, dicevamo: il primo special guest della nuova edizione di “Alta fedeltà” è Ivan Granatino, che ha gentilmente concesso un’intervista ai nostri microfoni.
Partiamo da “Vitamì”. Come nasce questa canzone?
È una canzone che nasce da una gran voglia di entrare nei cuori delle persone. C’è questa storia particolare d’amore. Per quanto concerne il sound, ho sempre voluto fortemente fare un sound internazionale, tenendo sempre presente le nostre radici, la nostra musica. Io spesso scrivo in napoletano, proprio perché voglio la musica napoletana non si spenga.
C’è sempre un grosso pregiudizio sulla nostra musica e sul nostro linguaggio, quindi cerco sempre di spingere quello che noi siamo, la nostra storia. In pochissimo tempo il video ha raggiunto un milione di visualizzazioni su YouTube e ha avuto tantissime riproduzioni su Spotify, il portale che va per la maggiore attualmente.
La cosa più bella è che sia stata scelta per il cortometraggio “La gita”, di Salvatore Allocca, regista romano, che ha partecipato anche al Festival del Cinema di Venezia.
“La gita” è un cortometraggio che riprende temi importanti come quello dell’integrazione e dell’uguaglianza dei diritti. Quanto può essere importante la musica per combattere razzismo e xenofobia?
Nelle tue canzoni, hai sempre cercato di portare Napoli in una dimensione lontana dagli stereotipi e dai luoghi comuni, penso a “Napule Allucca” o “Viene appresso a me. Qual è il tuo rapporto con Napoli?
Con “Napule Allucca” ho voluto gridare un po’ contro i pregiudizi: ancora oggi ci sono sempre allo stadio gli striscioni con la scritta “Vesuvio, lavali col fuoco”, tutti questi stereotipi negativi e sciocchi che ci sono sempre, ma alla fine non è così, nel senso che bastano due gocce nostre per fare un temporale. Basta una piccolezza per farla diventare chissà che cosa, infatti girano sempre notizie negative.
Poi se succede qualcosa di bello, come ad esempio è successo a me che sono stato al festival di Venezia, non viene così raccontata in giro, però se Granatino avesse fatto una truffa o un’evasione fiscale, magari ne avrebbero parlato tutti i giornali. Cercano sempre di prendere la parte negativa, le cose belle cercano sempre di nasconderle. Questa è una cosa che bisogna combattere già in Campania: il messaggio che do anche ai giornalisti è “appoggiate di più le cose fatte in Campania, nel Sud Italia, e non solo cose campane che non partono dalla Campania, ma ad esempio da Milano”.
C’è una sorta di “blocco” nei confronti delle cose che partono da qui…
Che esperienza è stata, per te, prendere parte al Festival del Cinema di Venezia?
Parlando di “Viene appresso a me”, è impossibile non pensare alla tua amicizia con Franco Ricciardi. Voi due siete stati tra i primi a fondere le melodie napoletane con suoni più Urban, anche vicini al rap, tanto che inizialmente hanno creduto che dietro il progetto Liberato ci fosse proprio Ivan Granatino. Qual è, secondo te, il filo che unisce due mondi apparentemente così distanti?
Siamo stati i primi a collaborare con i rapper. Quella tra Ricciardi, Granatino e Co’ Sang è stata la prima collaborazione in assoluto che univa tanti generi diversi: Franco che veniva dalla musica napoletana classica, i Co’ Sang dall’underground e io che stavo in mezzo tra l’hip hop campano e la musica classica napoletana. Io cerco di contaminare entrambe le cose, perchè sono cresciuto con la musica di Pino Daniele, Franco Ricciardi, Gigi D’Alessio e di gruppi come Co’ Sang e 99 Posse. Quando ho iniziato a fare musica, nel mio mood ho cercato di far diventare tutte queste cose una sola cosa, ed è venuto fuori quello che faccio tuttora.
Ti sei sempre definito un crossover: dalla Trap al rap, fino al pop. Ti sei confrontato con canzoni entrate nella storia della musica partenopea come “Chillo è nu buono guaglione” e “Annarè”. Quali sono i suoni che stanno catturando principalmente la tua attenzione di recente? E, soprattutto, c’è uno stile musicale in particolare verso il quale ti piacerebbe muoverti in futuro?
Quanto cambia, per un artista, curare a 360 gradi il proprio progetto musicale, come è accaduto per Ingranaggi?
“Alta fedeltà” è il titolo di uno dei romanzi più belli di Nick Hornby. Per questo, facciamo un piccolo gioco e proviamo a indossare i panni di Rob Gordon: qual è la top 5 dei dischi che hanno avuto un significato maggiore nella tua vita e perché?
“Se fossi presidente farei legalizzare i sogni di Pannella e del partito radicale”. Quanto è stata importante, per te, la figura di Marco Pannella?