“L’idea che un artista si crei da sé, in una notte, che non serva altro che genio e un pizzico di follia per avere successo nell’arte è una stupidaggine”, dichiarò Georgia O’Keefe nel 1928. Aveva quarant’anni, e l’anno prima aveva inaugurato la sua prima personale al Brooklyn Museum – un indicatore di un successo fatto, si potrebbe dire. E invece la O’Keeffe, che sarebbe poi vissuta fino alla soglia dei cent’anni, non credeva affatto di aver imparato come essere un’artista.
“I grandi artisti non succedono, semplicemente, così come i grandi scrittori, cantanti, o altri creatori -, continuava – tutti loro devono passare attraverso la durissima scuola dell’esperienza: è lì che, se sono fortunati, imparano”.
La O’Keeffe non lasciò mai per iscritto, tutti insieme, i suoi personali insegnamenti, ma da un certo numero di interviste e lettere (in particolar modo quelle indirizzate a suo marito, il celebre fotografo Alfred Stieglitz), è possibile gettare uno sguardo al modo di guardare al suo lavoro, all’arte, alla vita.
Lezione #1 – Osserva il mondo attorno a te: da vicino, e con appetito
“Ho fatto diversi piccoli disegni -, scriveva a Stieglitz nel 1930 da Tao, New Mexico – è stato bellissimo sedere da sola a guardare la luce comparire e sparire sulle montagne ed il deserto, e pensare cosa ne avrei potuto fare, di tutto questo splendore… Mi interessa più della gente: la gente sembra quasi scomparire”. Georgia O’Keeffe aveva un gran bisogno di trarre ispirazione dal mondo che la circondava. Che fosse il Lake George, a New York, sulle sponde del quale passò buona parte dei suoi vent’anni, o Abiquiu, in New Mexico, dove si stabilì più tardi con il suo atelier, niente sfuggiva al suo sguardo affamato, e niente le passava inosservato all’anima: “Vorrei che tu potessi vedere cosa vedo dalla mia finestra – scrisse ad Arthur Dove nel 1942 – la luna piena e pallida che sta per scomparire nel cielo color lavanda di primo mattino, dietro questo bellissimo albero che copre un po’ la vista ad ovest, dove ci sono colline violacee coperte di cedri verde spento… E questa sensazione di spazio sconfinato… Il mondo è davvero un luogo bellissimo”.
Lezione #2 – L’organizzazione è la chiave della produttività
Nonostante la sua reputazione di spirito libero, i momenti in cui la O’Keeffe si sentiva veramente ispirata avevano a che fare con l’organizzazione maniacale di tutti gli strumenti del suo lavoro, e la sua routine quotidiana era qualcosa di fermamente stabilito, a cui attenersi scrupolosamente: si alzava presto la mattina, faceva una passeggiata nel deserto e poi colazione. Solo dopo, piena di cibo e di visioni desertiche, si dirigeva verso il suo studio, nel quale rimaneva murata almeno fino ad ora di pranzo. Dopo la sua morte, nel suo studio furono ritrovati 330 cartoncini colorati, che le servivano per classificare tutte le sfumature che aveva usato nei suoi dipinti, nel caso le servissero poi per lavori futuri.
Lezione #3 – Non aver paura di sbagliare: impara dagli errori
O’Keeffe era molto onesta, nella sua corrispondenza, riguardo le sue paure ed insicurezze, e altrettanto certa era la sua convinzione che fosse impossibile, una volta o l’altra, non commettere un errore e ritrovarsi con un dipinto inservibile: “Il quadro che ho dipinto stamattina è brutto – scrisse a Stieglitz nel 1929 – Ma ero così eccitata dall’idea di dipingerlo, che so che qualcosa di buono ne verrà fuori, alla fine”. Durante gli anni della sua carriera, la pittrice avrebbe riprodotto gli stessi soggetti mille volte, fino ad arrivare ad una composizione che riteneva soddisfacente. Tra il 1946 ed il 1960, dipinse il patio della sua casa in New Mexico più di venti volte: “Ho una mente un po’ ossessiva -, confessò alla critica d’arte Katrhine Kuh – Posso lavorare alla stessa idea per anni!”.
Lezione #4 – Lascia perdere la moda, sii te stesso
Il tempo durante il quale lavorò Georgia O’Keeffe fu quel tempo in cui dire a molti degli artisti più di tendenza che il loro lavoro era “bellissimo” o “ben fatto” era considerato un insulto. Ma lei non era d’accordo: quello che voleva era riprodurre la bellezza della natura, usando colori forti, sontuosi, violenti ma piacevoli alla vista. In un’intervista confessò che “sono uno dei pochi artisti, oggi, capaci di pensare e parlare del proprio lavoro utilizzando termini come carino. A me piace che il mio lavoro sia carino. Anche se ai miei colleghi non piacciono i miei colori, soprattutto agli uomini”. Ma ancora, semplicemente non era capace di prestare attenzione alle critiche della moda: “Io amo i colori”.
Per tutta la sua vita, Georgia O’Keeffe ha cercato la libertà – dai trend artistici, dalla pressione del mondo ufficiale del mercato dell’arte, dagli inconvenienti di una società maschilista alla quale non voleva – non sapeva come – approcciarsi. “Io credo che sia possibile avere tutto e fare tutto quello che si vuole – scrisse una volta – se lo si vuole veramente, e se vi si lavora con ogni mezzo possibile”.
Marzia Figliolia