Wassily Kandinsky è l’artista considerato da tutti come il precursore di quel movimento di ghirigori e linee e colori senza senso denominato astrattismo. Ma aspettiamo: l’arte astratta non è un disegno di niente, ma un discorso sulla spiritualità: è il segno in cui gli artisti hanno trovato rifugio quando tutto era già stato detto e rimaneva da dire ciò che non si può dire.
Wassily Kandinsky, così devoto alla libertà che secondo lui deve guidare la mano dell’artista che cerca di esprimere l’inesprimibile, è però stato anche uno dei professori della scuola di Arte e Design Bauhaus, per ben 11 anni. E, come Klee prima di lui, ha lasciato in eredità appunti, pamphlet, registri da cui è possibile risalire a quei consigli che era solito dare agli aspiranti artisti che seguivano, curiosi e meravigliati, le sue lezioni.
Lezione #1 – Esprimi il tuo mondo interiore, e non l’ultima moda
Secondo Kandinsky, un prodotto può essere considerato arte solo e soltanto se risulta essere l’espressione incondizionata e senza mediazioni della psiche dell’artista – dei suoi autentici desideri e delle sue autentiche paure. Teoria e buona realizzazione stilistica dovevano essere preoccupazioni successive la creazione artistica, che doveva mantenere una certa credibilità morale proprio esprimendo il mondo interiore del suo creatore. Proprio per questo, continuava il professore, un artista deve essere preparato ad essere frainteso, a non essere capito nel suo tempo.
Lezione #2 – Non dipingere cose, dipingi forme astratte
Kandinsky scrive di aver avuto quest’intuizione guardando la serie di Mucchi di Fieno di Claude Monet: in quei dipinti, si fa fatica a distinguere gli oggetti a cui le forme appena accennate dipinte dall’impressionista fanno riferimento. Inizialmente disorientato da questa mancanza di realismo, il pittore russo abbracciò poi questa tecnica, portandola alle estreme conseguenze dell’astrattismo, convinto che per esplorare la propria coscienza (com’è compito ultimo dell’artista) fossero molto più funzionali tratti essenziali come linee, punti e macchie di colore.
Lezione #3 – Avvicinati al colore come ad una finestra sull’animo umano
Furono gli Impressionisti, dunque, a fargli intuire la necessità dell’essenzialità del disegno, ed i dipinti Fauvisti che gli capitò di vedere a Parigi nel 1906 – con i loro colori selvaggi, accostati come mai sarebbe possibile ritrovarli nel mondo reale – gli furono ancor più d’ispirazione: influenzato dal testo Theory of Colors di Wolgang Von Goethe, Kandinsky era convinto che ogni singolo colore avesse una propria personalità. Per esempio, il verde era come una mucca: pacifico, eppure forte. Il giallo, pur se caldo e terreno, poteva rappresentare la rabbia ed essere profondamente inquietante. Il blu, da parte sua, era allo stesso tempo sereno e paradisiaco, ma capace di sprofondare nella più scura ricerca spirituale. Kandinsky paragonò i colori ai tasti di un pianoforte, e l’animo umano al pianoforte stesso: usando i colori, un artista stava effettivamente suonando alcune determinate note, tutte diverse, tutte producenti uniche, particolari vibrazioni.
Lezione #4 – Dai ritmo ai tuoi dipinti, come se stessi componendo un pezzo musicale
Per Kandinsky, il collegamento tra musica e arte era molto più che una semplice metafora: il nostro artista, infatti, probabilmente soffriva di sinestesia, una rara condizione del sistema nervoso per cui due o più dei cinque sensi sono per così dire “correlati”. Lui stesso ne dà prova quando racconta l’esperienza che ebbe durante l’ascolto della Lohengrin di Wagner: improvvisamente, davanti ai suoi occhi, linee e punti danzavano al ritmo della composizione.
A prescindere da questo probabile disturbo di cui si pensa soffrisse, Kandinsky era convinto che i colori avessero un proprio ritmo interiore: a nessuno verrebbe in mente di paragonare il giallo a note basse e lugubri, per esempio, né il blu alle note più alte di un pianoforte. Il colore, insomma, doveva toccare chi guardasse al dipinto non solo dal punto di vista visivo, ma anche con rispetto ai suoni che era capace di suggerire. In Point and Lines (1926), Kandinsky esplora queste possibilità suggerendo ai suoi studenti di giocare, nei propri dipinti, con ripetizioni e scale, non solo di colore ma anche di linee e forme.
Lezione #5: Creando lavori originali, stai perorando la causa dell’umanità
La visione spirituale di Kandinsky veniva da lui stesso rappresentata come un triangolo diviso in sezioni che, in maniera lentissima, ascende verso un futuro sempre più illuminante. Le persone più vicine al raggiungimento di quest’obiettivo sono ovviamente le poche posizionate nella sezione di punta del triangolo, mentre il resto dell’umanità si trova nelle altre sezioni discendenti verso la base. Gli artisti sono sparsi in ogni sezione del triangolo, e quelli che sono in grado di vedere oltre i limiti della propria sezione sono secondo Kandinsky i cosiddetti profeti, quelli che offrono nutrimento spirituale a coloro i quali si trovano nei segmenti sottostanti, e che in questo modo, afferrandolo, riescono ad “avanzare di grado”.
Ciò che Kandinsky vuole significare è che i pensieri, i sentimenti e dunque le azioni, quando sono traslate in arte, sono capaci di incidere sulle condizioni spirituali delle nostre società. Per questo motivo, gli artisti devono sentirsi in obbligo d’avere un impatto positivo sul mondo che abitano – perché le loro opere possano, un futuro non troppo lontano, illuminare l’intera collettività.
Marzia Figliolia