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“Pino è”, quando le critiche stanno – spesso – a zero

È difficile trovare le parole giuste per descrivere una serata come quella di ieri. Le due parole chiave, quelle più giuste, sono “emozioni” e “sentimenti”. Partiamo da un presupposto: giudicare concerto, e ancor di più un evento come “Pino è”, dopo averlo visto in TV, è quanto di più sbagliato si possa fare. Dal piccolo schermo le emozioni sono nettamente più piatte e poi, bisogna dirlo, il San Paolo non sarà la location più bella d’Italia in termini estetici, ma l’aria che si respira al suo interno è intrisa di magia. Sarà perché è stata la casa dei più grandi, da Pino Daniele e Maradona, che con Troisi hanno formato la Santissima Trinità partenopea degli anni ’80, sarà che in una città che vive di calcio come Napoli lo stadio non può non avere un fascino tutto suo. Sull’evento nessuno ha risparmiato critiche, per questo proviamo a spiegarvi perché, dal nostro punto di vista, sono state perlopiù ingiuste.

I momenti più intensi della serata hanno avuto quasi tutti un denominatore comune: il sax di James Senese, che ha sottolineato con delicatezza ogni sfumatura della produzione musicale del Nero a metà. Strepitoso il duetto che ha visto protagonisti James ed Enzo Avitabile, decisamente il momento più danieliano dell’intera serata, così come l’interpretazione di Fiorella Mannoia, che ha fatto commuovere i quasi cinquantamila presenti con “Sulo pe parlà” e, soprattutto, “Senza ‘e te”. Tra i momenti più belli spiccano anche quelli che hanno visto protagonisti Massimo Ranieri, che ha cantato con il suo inimitabile stile “Cammina cammina”, la Nuova Compagnia di Canto Popolare che, con Raiz, si è resa protagonista dell’arrangiamento più particolare della serata, il duo Gragnaniello-Senese per “Chi tene ‘o mare”, Clementino, che ha dimostrato ancora una volta di essere tra i migliori della scena rap italiana, con buona pace di chi utilizza autotune e playback dal vivo, e le lazzare felici Turci-De Sio. Un po’ troppo presente Sangiorgi, che nel complesso riesce ad offrire comunque una buona performance.

Sarebbe quindi lecito chiedere a chi non sta perdendo occasione per criticare quanto visto sul palco cosa si aspettasse realmente dall’evento. Che Pino Daniele fosse un artista inarrivabile, era già noto ben prima della serata di giovedì, e chi l’ha scoperto solo in quel momento ha probabilmente sottovalutato nel corso degli anni la grandezza di un artista come il Mascalzone Latino. Certo, alcuni avrebbero dovuto presentarsi in condizioni migliori, studiando meglio il testo e le canzoni per offrire una performance migliore, ma è ingiusto sparare a zero per la pronuncia non perfetta

Ci dispiace deludervi: nessuno, proprio nessuno, tra i cantanti saliti sul palco del San Paolo, è stato fuori luogo. Affermare una cosa del genere vorrebbe dire aver trascurato gli ultimi vent’anni di carriera di Pino Daniele: a partire dal 1994, con il tour in trio con Jovanotti ed Eros Ramazzotti, fino all’ultimo grande giro dello Stivale con “Nero a metà”, gli artisti saliti sul palco hanno incrociato in più di un’occasione la propria strada con quella di Pino Daniele. Ci sono state assenze “pesanti”, è verissimo: ci viene da pensare ai 99 Posse, dato che l’evento è iniziato proprio sulle note di “Evviva ‘o Rre”, e Lina Sastri, restando in territorio partenopeo, oltre agli ospiti internazionali di cui si era parlato almeno in fase iniziale e che, alla fine, non hanno preso parte all’evento.

Certo, sarebbe stato doveroso dare più spazio alla superband, che avrebbe dovuto rappresentare il fulcro dell’evento, così come non ci sarebbe dispiaciuta qualche canzone in più cantata dagli artisti napoletani.

E chi vi scrive è sicuro di ricevere il perdono dei più critici, affermando che nessuno di loro ha sbagliato nell’interpretazione delle canzoni: chi è salito sul palco l’ha fatto per omaggiare Pino Daniele con il suo stile, senza snaturarsi, come è giusto che sia. C’è chi ha stonato, e lo fa abitualmente anche nei suoi concerti, chi è stato impeccabile, come Fiorella Mannoia e Massimo Ranieri. Ognuno con il proprio stile e le proprie peculiarità, per rendere omaggio a un amico scomparso.

Ciò che realmente è andato male, invece, riguarda il punto di vista organizzativo: la nuova disposizione del palco, posizionato inizialmente sotto la curva B è solo successivamente dinanzi ai distinti, ha penalizzato fortemente chi ha acquistato i biglietti con la planimetria originale, trovandosi a una distanza spropositata dal palco, e per giunta con schermi laterali che erano tutto tranne che “maxi” e, in alcuni casi, con la visuale limitata dai pilastri per sorreggere le casse, posizionati esattamente davanti alle tribune. Così come hanno un po’ rovinato l’atmosfera le interazioni dell’evento per la diretta televisiva e gli spazi pubblicitari. Stacchi netti ed evidenti, come nell’interruzione del duetto Ramazzotti-Jovanotti, ricominciato con la ripresa della diretta.

In sostanza, il risultato, al netto delle assenze e qualche blocco degli ingranaggi della macchina organizzativa, è perfettamente in linea con ciò che era lecito aspettarsi: il tributo più grande della musica italiana a Pino Daniele, probabilmente il più grande tributo mai realizzato per un artista in Italia. Chi era al San Paolo ha ritrovato gli amici di una vita sulle note dell’uomo in blues, fatto un tuffo nel passato, tra ricordi ed emozioni. C’è chi è tornato bambino sulle note di una precisa canzone, chi ha vissuto nuovamente i brividi del primo bacio, accompagnato, ovviamente, dalle note di Pino Daniele, chi ha percorso nuovamente, con la mente, i chilometri fatti per raggiungere un sogno. E, fidatevi, basta questo per aver reso indimenticabile la serata.

Perché Pino è e sempre sarà.

Corrado Parlati

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