“Cosa ci faccio qui?” Nella vita sono mille e più i giri che si fanno, ma sono pochi i luoghi in cui riesci realmente a sentirti a casa. A essere te stesso. E venire ogni volta a un concerto di Luciano è come tornare a ciò che sei. Gira, gira, gira, gira… Tanto torni qua. È come se lo sapesse lui per primo.
“Come ci sono arrivato qui?” Eh, lunga la storia. Inseguendo i miei sogni di rock ‘n’ roll, passo dopo passo. Sono qui per amore, per vedere l’effetto che fa trovarlo di nuovo sul palco in perfetta forma, mentre si alterna fra i panni di Riko e quelli di Luciano. Perché l’amore, quello che ricevi e quello che metti in circolo, conta.
Prima di immergerci nel racconto del concerto, però, è doveroso fare una premessa: Ligabue ha avuto il coraggio di cambiare, di uscire dalla propria comfort zone per entrare in un mondo in perfetta controtendenza con quello della musica attuale, un prodotto che fin dal primo istante è sembrato molto più vicino al cinema che alle radio, e che soprattutto richiedeva pazienza: per metabolizzare i nuovi suoni, certo, ma anche per entrare nelle dinamiche vitali di Riko, l’alter ego di Luciano Ligabue. La band è composta da Federico Poggipollini e Max Cottafavi alle chitarre, Michael Urbano alla batteria, Davide Pezzin al basso, Luciano Luisi alle tastiere, Massimo Greco, Corrado Terzi ed Emiliano Vernizzi alla sezione fiati.
LIGABUE E RIKO: TUTTI MADE IN ITALY
A precedere l’arrivo di Ligabue sul palco sono alcune immagini tratte dal film “Made in Italy”, che sarà proiettato nelle sale a partire dal prossimo 25 gennaio. “Che cosa ci faccio qui?” e “come ci sono arrivato fin qui”? sono le domande che si pongono i protagonisti del film prima di cedere la scena a Luciano/Riko, accolto dal boato del pubblico, e alla sua “La vita facile”. Fin dall’inizio è chiaro l’andamento della serata: saranno due ore indimenticabili. E, soprattutto, Luciano è in perfetta forma.
Segue “Mi chiamano tutti Riko”, con Accorsi sul maxischermo a ballare davanti a una mortadella gigante, per poi essere proiettati nella “Barakka” di “È venerdì, non mi rompete i coglioni”, non prima di essersi scusato per la lunga attesa di questi mesi. Arriva quindi il momento svestire i panni di Riko e indossare nuovamente quelli di Ligabue, con “Ho messo via”, “L’odore del sesso” e “Happy hour”.
SON RIPARTITO, ECCOMI QUA…
È ora il tempo di passare a “Ho fatto in tempo ad avere un futuro”, ed è qui che c’è una delle frasi più significative dell’intero spettacolo. “Son ripartito, eccomi qua, e addirittura mi son reso conto di cosa è fatta la mia verità”. Potremmo quasi prenderla come uno slogan per l’intero show: è come se il problema che l’ha tenuto fermo ai box per sei mesi gli avesse dato una carica ancora maggiore, una fame di palco incredibile, e una voglia di ripagare l’attesa del suo pubblico. “Se io posso contare su di voi, fino a quel momento voi potrete contare su di me” disse Ligabue al termine del suo terzo, straordinario, Campovolo, e ora ne ha dato l’ennesima prova.
Lo spettacolo è più fluido rispetto al girone d’andata, complice anche l’utilizzo di sei trailer tratti dal film, e consente a Luciano di alternarsi con il sul alter ego senza alcuna difficoltà. Si passa a “G come giungla”, proposta in una versione dai tratti ancora più rock rispetto a quella incisa, che viene collegata con un bellissimo assolo di batteria firmato Michael Urbano a “Quella che non sei”. È proprio qui una dolcissima nota positiva: ogni membro della band ha un suo spazio ben definito per mettere in mostra le proprie qualità.
SOGNI DI ROCK ‘N’ ROLL/A MODO TUO: IL PRIMO MOMENTO ACUSTICO
E dopo una prima spinta a suon di chitarre — con il bellissimo solo di Poggipollini, in forma strepitosa — si va verso un primo momento acustico: c’è spazio per “Sogni di rock ‘n’ roll”, la madre di tutte le canzoni del Liga che siamo abituati a conoscere, ormai presenza fissa nelle scalette di questo secondo giro del “Made in Italy Tour” dopo qualche anno di esecuzioni occasionali, e “A modo tuo”, che regala gli attimi più intensi dell’intero concerto. Un brano scritto con una sensibilità fuori dal comune, che associata alla voce profonda di Luciano che, immerso nell’abbraccio del suo pubblico grazie alla passerella, riesce a toccare il cuore di tutti i presenti.
CHI SIAMO? SIAMO CHI SIAMO
E se i sogni di rock ‘n’ roll hanno accompagnato Ligabue e i suoi seguaci per l’intero inizio del tour, la novità assoluta, e forse anche inaspettata, della serata è rappresentata da “Siamo chi siamo”. Seguono “Piccola stella senza cielo”, presentata nel suo arrangiamento originale e impreziosita dal solo di Emiliano Vernizzi, “Questa è la mia vita”, durante la quale Luciano si immerge nuovamente nell’abbraccio dell’intero Palalottomatica, e “Un’altra realtà”. La canzone di chiusura dell’ultimo lavoro targato Ligabue si conclude con un trailer in cui sono presenti Stefano Accorsi e un altro personaggio della storia, probabilmente non presente tra quelli citati nel disco, in una fonderia che richiama molto l’ambientazione del videoclip de “Il muro del suono”.
HEY, STELLA!
Non è introdotta dal tradizionale “Hey, stella!”, tratto da…, ma da un doppio assolo, quasi a botta e risposta, di Poggipollini e Cottafavi, “Marlon Brando è sempre lui”. Via i cellulari, le selfie stick e chi più ne ha più ne metta: è il momento di ballare, scatenarsi, e il pubblico lo fa, proseguendo con i tradizionali “oh oh oh” per oltre un minuto dopo il termine della canzone. E poi c’è il medley acustico: roba “del secolo scorso, del millennio scorso”, scherza Ligabue dalla passerella, prima di intonare “Non è tempo per noi” e “Lambrusco e pop corn”. “Balliamo sul mondo” e “Tra palco e realtà” segnano il definitivo cambio di passo verso il finale
ROMA È PER LIGA, LA SORPRESA RIUSCITA
L’abbiamo raccontato in anteprima ai lettori di MentiSommerse.it: l’associazione culturale “Roma per Liga” aveva intenzione di fare una grande sorpresa a Ligabue: una grande coreografia, per tingere di giallo e rosso il Palalottomatica. Centinaia di cartoncini con i colori della Capitale e la scritta “Roma è per Liga” sono stati sventolati sul finale del concerto. E, con un Ligabue visibilmente emozionato, si va dritti verso la conclusione con “Certe notti” e “Urlando contro il cielo”. Perché l’amore conta, sempre. Non c’è nulla di più vero.
Corrado Parlati