Capita che a volte basti un istante per innamorarsi, e poi non basti tutta una vita per rendersene conto. È una cosa che ho pensato per la prima volta guardando “Before Sunrise”, film del 1995 diretto da Richard Linklater, che si apre con due sconosciuti, Jesse e Celine (interpretati rispettivamente da Ethan Hawke e Julie Delpy), che intavolano per caso una conversazione su un treno partito da Budapest e diretto a Parigi. Tra loro scatta qualcosa di inevitabile, e quando Jesse, a Vienna, deve scendere per prendere l’aereo che all’alba del giorno dopo lo riporterà in America, viene preso dall’urgenza di non lasciar cadere quella conversazione, e convince Celine ad abbandonare il treno e passare la giornata nella capitale austriaca con lui. Parte così una sceneggiatura che nella mia fantasia ha per sempre legato ogni luogo di Vienna alle parole di Jesse e Celine, a quella passeggiata che dilata il tempo sfruttando l’unica magia veramente conosciuta dall’essere umano: il tentativo di comprendere un’altra persona.

È per questo che, capitata per un giorno a Vienna proprio da Budapest (anche se in autobus), non ho potuto fare a meno di seguire quel filo di parole che Linklater mi aveva dipanato davanti, e mi sono ritrovata a ricalcare i passi dei suoi protagonisti, con qualche mia inevitabile svista e aggiunta.

Vienna quando scendi dall’autobus e la guardi ti sorride in tutta la sua maestosità, certa che ti ha già fatto innamorare, anche se ancora non te ne sei accorto. Il mio piccolo tour da cine-entusiasta parte da una delle piazze principali della città, la Maria Theresien Platz, punto di incontro tra la Ringstraße (la strada circolare che ripercorre il tracciato delle mura medioevali che circondavano il centro storico di Vienna) ed il Museumsquartier, in cui andare a commuoversi davanti ai dipinti di Klimt. Da qui all’altra piazza principale di Vienna, la Stephansplatz, sono una quindicina di minuti a piedi, passando attraverso il meraviglioso complesso della Hofburg, centro del potere politico degli Asburgo ed ancora oggi, in parte, luogo di lavoro del Presidente austriaco.

Vienna è una città che ti fa stare costantemente col naso all’insù, in cui alleni l’equilibrio nell’impossibilità fisica di guardare dove metti i piedi: appena passata la Hofburg, infatti, ecco che nel mezzo della Stephansplatz si alza la Stephansdom, la Cattedrale simbolo della città, chiamata amichevolmente “Steffl” dai viennesi, in uno slancio di confidenza che faccio fatica ad immaginare di accordare a questo mostro elegantissimo, col suo tetto “squamoso” e colorato, affiancato da uno dei campanili più alti al mondo.

Se riesco a staccare gli occhi da questa immensa costruzione romanica, è solo perché mi sono addentrata nel dedalo di vicoli e viuzze che si diramano dalla piazza, e qualche edificio si frappone coraggiosamente tra me e la cattedrale. Sono cinque minuti di cammino fino alla Franziskanerplain, una deliziosa piccola piazza in cui ritrovo Jesse e Celine seduti al famoso Kleines Cafè, intenti a farsi leggere la mano da una cartomante che, molto saggiamente, suggerirà loro il segreto della felicità: accettare le inevitabili stranezze della vita.

Siedo anche io al Kleines Cafè e, anche se nessuno viene a risolvermi l’esistenza, mi lascio coccolare dal caffè viennese, che da queste parti è un’istituzione e che gusto con tutta la candida sorpresa della napoletana che scopre che c’è il caffè – vero – anche al di là del Vesuvio.

Mi faccio guidare dalla vista onnipresente del campanile per tornare indietro verso la Stephansplatz e salto sul primo treno della linea U3 della metropolitana. Scendo a Neubaugasse e nel giro di qualche minuto sono in un vecchio, piccolissimo negozio di dischi e vinili, il Teuchtler Record Store, un po’ inseguendo i miei due protagonisti, un po’ il richiamo universale del 45 giri. Il negozio è estremamente old school, così old school che ha ancora un piccolo listening booth nel quale Jesse e Celine, in “Before Sunrise” ascoltano la canzone “Come Here”, di Kath Bloom. Lo cerchiamo insieme, se volete, chissà che non ne troviamo una copia.

S’è fatto pomeriggio, mi sono fermata a mangiare un tipico wurstel viennese al volo, sono tornata verso il centro a piedi portandomi dietro la busta dei tesori raccolti al Teuchtler Record Store (mai entrare in un posto che vende musica e non comprare niente), ed ora mi ritrovo al Prater, il grande parco giochi di Vienna in cui tornare un po’ bambini e, per me, rivivere una delle scene più romantiche del mio film di riferimento. Attraverso infatti il parco e mi trovo davanti la Wiener Reisenrad (letteralmente “la gigantesca ruota viennese”), una ruota panoramica alta 64 metri sulla quale Jesse e Celine si baciano lasciando sotto di loro la meraviglia del tardo pomeriggio riflesso sulle tegole dei tetti viennesi.

Torno verso il centro seguendo la linea del lungofiume, il Danubio blu che se ne sta sdraiato e curvo come un corpo di donna e scorre come una poesia. È la poesia che mi porta sulla terrazza dell’Albertina che è ormai tramonto inoltrato. Da questo museo che ospita una delle più grandi collezioni di disegni e stampe del mondo, guardo le luci dei palazzi che si accendono ad una ad una mentre il sole scompare, il campanile batte un’ora qualunque e sussurro a mezza voce i versi che recita il mio beneamato protagonista maschile, nell’opera prima di Linklater: Oh, che il tempo non t’inganni / non è possibile conquistare il tempo, proclamava uno sconsolato W.H. Auden.

Però non so, dopo una giornata del genere: sono stata a spasso nel tempo, nello spazio, attraverso le dimensioni della mia fantasia in questa città che alla fine mi ha vinta, e scendendo i gradini della terrazza, pensando che devo proprio trovare questo Cafè Sperl dove mangiare un boccone, mi chiedo se certa Bellezza non sia davvero in grado di conquistare pure il tempo.

Marzia Figliolia

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